Moda in crisi, annunciati altri 34 licenziamenti. “Ammortizzatori anche in alcune aziende della chimica”

I licenziamenti dall'inizio dell'anno sfiorano i 200. Cgil, Cisl e Uil sul tavolo al ministero: "Valutiamo positivamente solo la presa di coscienza che la crisi esiste"

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Crisi del distretto conciario, prende la parola il mondo sindacale. Lo fa nella sede della Cgil di Santa Croce sull’Arno all’indomani dell’incontro al ministero cui partecipano i rappresentanti di settore di Cgil, Cisl e Uil. 

Un grido d’aiuto corale quello dei sindacati confederali per l’aggravarsi della crisi del settore moda, al quale non infondono fiducia neppure i tiepidi segnali in arrivo dalle grandi fiere di Milano. Intanto, solo nei primi venti giorni di settembre, sono già 34 i licenziamenti annunciati, in due aziende, una di Santa Croce e una di Ponte a Egola, nelle quali si chiede l’esubero rispettivamente di 14 e 20 addetti, su 40 e 30 in forze. L’indomani dall’incontro fra il Ministero del Lavoro, prevalgono cautela e preoccupazione.

“Siamo amareggiati per un incontro che ha portato poche novità, che ancora non sono nero su bianco – dice il segretario generale della Filctem Cgil Pisa Alessandro Conforti –. La crisi sta picchiando duro ed i segnali al sindacato arrivano tutti, senza considerare che vediamo solo ciò che avviene nelle aziende sopra i 15 dipendenti. Se alcune aziende della chimica cominciano ad usare gli ammortizzatori sociali o passano al regime straordinario della cassa integrazione, come sta accadendo, significa che tutto l’indotto comincia a soffrire della prolungata stagnazione degli ordini. Quando poi, in alcune grandi aziende conciarie, si cominciano a contare gli esuberi fra i lavoratori a tempo indeterminato, significa che tutti i precari sono già stati mandati a casa.

La situazione è seria. Prendiamo atto che il Governo sta prendendo coscienza della situazione, ma servono strumenti e tavoli straordinari che guardino all’intero sistema moda, tessile compreso”. Il settore ad oggi, nei quattro comuni del distretto santacrocese, conta ancora circa 7mila addetti, di cui circa 4mila nel conciario e 3mila nel calzaturiero, con circa il 35% di contratti a tempo determinato, sparpagliati in un complesso di 300 imprese che “in Toscana lavorano quasi il 90% della pelle del famoso Made in Italy”. Poi c’è l’indotto: “chimica, logistica, spedizioni, pulizie, meccanica – dicono i sindacalisti – anche quei settori vanno coinvolti ai tavoli per ripensare tutta la filiera”. Situazione che nel Comprensorio sta toccando anche i lavoratori stranieri “che stanno prolungando le vacanze, ma in molti casi cominciano a spostarsi altrove” afferma Dia Papa Demba, della Uil.

Alcuni chiedono il licenziamento, di fronte alla prospettiva di avere mesi di fronte a loro con un reddito altalenante o segnato dagli ammortizzatori – spiega –. Stiamo parlando di personale che spesso in fabbrica si occupano di mansioni che nel Distretto sono fatte quasi totalmente da lavoratori stranieri. Penso agli scarnatori, per esempio. C’è voluto tempo per formarli e adesso rischiamo di perderli. Qualcosa che sentiremo anche nel caso di una ripresa. L’unico modo per dare respiro alle aziende è dare garanzie fino al 2025”.

I licenziamenti dall’inizio dell’anno, solo nelle aziende sopra i 15 dipendenti, sfiorano ormai i 200. La paura di perdere la professionalità delle lavorazioni, specie su specifici ruoli della filiera produttiva, va di pari passo con la preoccupazione di avere aziende che provano a ripartire in autunno ma senza più liquidità. Affrontando una crisi per la quale “non basteranno sei mesi di aiuti e non sarà sufficiente sostenere il settore artigiano, ma anche l’industria”. “La perdita di professionalità è una cosa seria, già adesso alcune figure non si trovano più, come gli aggiuntatori – dice Marcello Familiari, segretario regionale della Femca Cisl –. In tutto questo dobbiamo affrontare richieste di cassa integrazione sostanzialmente pari ai livelli del Covid. Siamo di fronte ad una crisi generata da troppi disequilibri politici ed economici a livello mondiale. Basti pensare alle guerre in corso, alla Russia che non c’è più, ma anche al mercato cinese che da tempo ha chiuso all’utilizzo di capi di moda da parte dei Paesi europei. Ed è qualcosa che si sente ormai in tutti i distretti toscani: Santa Croce, Scandicci e Prato”.

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