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Shopping dei grandi marchi e depurazione preoccupano il Cuoio, estate a rilento aspettando l’autunno

11 luglio 2023 | 19:30
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Shopping dei grandi marchi e depurazione preoccupano il Cuoio, estate a rilento aspettando l’autunno

“Le richieste di cassa integrazione arrivano”. Il 2022 è stato l’anno del ‘rimbalzo’, con picchi di produzione che in certi casi hanno superato alcuni record locali

E’ forse finito il ‘rimbalzo’, ma non tutto è perduto. Tutto si gioca fra contratti nazionali chiusi ‘bene’, pericolo shopping da parte di grandi gruppi e fondi d’investimento ed un ‘caso Keu’ che può ancora avere ripercussioni sulla natura del distretto, soprattutto sul fronte della depurazione.

Secondo l’analisi che a www.ilCuoioindiretta.it ha fatto Alessandro Conforti, segretario generale della Filctem Cgil di Pisa. “L’unica e vera stagione degli affari per il comparto del cuoio e della pelle è l’autunno, questo non è cambiato. L’estate come sempre è una fase di passaggio, in cui si cerca faticosamente di capire l’anno che verrà – spiega –. Il quadro non è uniforme: le aziende con le spalle grosse sono quelle che reagiscono un po’ meglio e al momento il lavoro è a rilento un po’ per tutti. Le richieste di cassa integrazione arrivano, soprattutto dai contoterzisti e dalle concerie medio piccole. Ma come sappiamo spesso questo è un modo per le aziende di prepararsi alla nuova stagione, di mettere le mani avanti quando ancora non si legge bene come sarà l’autunno. Questo è un segno che in qualche modo ci dice qualcosa su questo 2023 che non ha certo i caratteri dell’anno precedente. Il 2022 è stato l’anno del ‘rimbalzo’, con picchi di produzione che in certi casi hanno superato alcuni record locali. Niente ci fa pensare che possa essere un ‘cattivo anno’: la Toscana, per capirci, per la prima volta nell’export della moda è la prima regione italiana, di fronte alla Lombardia e questo non era mai successo. E Santa Croce, insieme a Prato, svetta stabilmente in cima alla classifica dei distretti che maggiormente concorrono nel Pil regionale. Dopodiché non è un anno in cui certamente, già adesso, si sa come sarà l’autunno e questa mancanza di prospettive genera incertezza”.

Il 2022, tanto per dare qualche numero, aveva visto la Toscana tornare ai livelli pre Covid con oltre 5,5 miliardi di euro di beni esportati (+9,6% sul 2021 e +2% sui livelli 2019 pre-Covid), pari al 40,3% del totale Italia (dati relativi ai prodotti della pelletteria e della concia raggruppati nella voce Ateco CB151, elaborati per Assopellettieri dal Centro Studi Confindustria Moda). In tale contesto ad aprile era stato siglato in ‘tempi record’ un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti delle industrie manifatturiere delle pelli siglato con le associazioni sindacali di settore Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil. Una novità che in Toscana coinvolge una fetta importante di lavoratori, se si considera che nella regione ha sede quasi la metà delle aziende pellettiere italiane e vi lavora più della metà degli addetti. In particolare, facendo riferimento ai dati 2021, in Italia erano attive 4.149 imprese, di cui il 48,2% (pari a 2.001) in Toscana. Su 32.982 addetti del settore il 54,4% (17.930) era toscano.

L’estero

“Tante le fluttuazioni, dovute come sempre all’andamento dell’economia internazionale – spiega Conforti –. L’asiatico ad esempio non è ripartito come da iniziali aspettative. Questo perché l’economia di quel continente è fortemente influenzata dalla Cina, la cui economia com’è noto non ha solo dinamiche ‘di mercato’; la sua direzione politica spesso tende a mascherare quelli che sono i movimenti reali dell’economia e abbiamo buoni motivi di pensare che in quel Paese, in questa fase, si tenda a mantenere alta la produzione malgrado il calo di consumi con l’obiettivo di mantenere bassi i prezzi nel mercato occidentale e giocare al gioco della concorrenza. Al tempo stesso gli Usa si mantengono stabili ma non danno da tempo ormai segni di nuove espansioni: il mercato del lusso guarda ai mondi in cui ci si possono aspettare nuovi ricchi e in questo l’Asia la fa da padrona. Sul fronte interno il turismo sta certamente aiutando, le città sono strapiene di turisti e questo fa si che tutti coloro che lavorano per rifornire le varie via dei Condotti e il lusso italiano rivolto agli stranieri di passaggio riescano a svuotare un po’ dei loro magazzini. In definitiva, il comparto ha grosse capacità di sviluppo, ma le richieste vanno a singhiozzo”.

Lo shopping dei grandi marchi

Fra le cose che stanno cambiando la natura del Distretto, poi, ci sono questi colossi della moda che hanno cominciato, da qualche anno a questa parte, a fare shopping di imprese nel distretto. “Una cosa che certamente espone il comparto ad una trasformazione – dice Conforti –. Ma sicuramente più apprezzabile di altri tipi di shopping che, come sindacato, abbiamo registrato in anni recenti soprattutto ai danni di alcune aziende chimiche. Parlo dei fondi speculativi d’investimento: questi, quando arrivano, non hanno la minima idea di cosa sia il distretto e non hanno interessi di medio o lungo termine. Comprano, mettono i soldi, guardano i bilanci e alla necessità di comprare a 10 e, nel giro di tre anni, avere 15. Non hanno piani industriali né lungimiranza, non hanno concezione di investimenti che abbiano a che fare con nuove macchine o nuove scelte che modifichino l’offerta. E a livello sindacale in questi casi i rapporti sono minimi, spesso gestiti dalla parte legale. Di questi soggetti io ho più paura”.

Il caso keu

Fra le cose che più hanno fatto temere per un danno d’immagine al distretto, c’è poi il terremoto Keu, che cui ripercussioni per Conforti hanno ancora da venire non tanto sul fronte degli ordini, quanto sul piano infrastrutturale e logistico. In una parola: la depurazione. “Il mercato a mio modo di vedere ha capito che si aveva a che fare con alcune mele marce e che qualcuno dovrà pagare, ma che altrettanto ci sono 600 aziende che hanno interessi e valori diversi da quelli emersi dall’inchiesta. Questo fa si che il danno d’immagine sia limitato. Ci sono stati inoltre cambiamenti nella direzione della parte aziendale e sono stati ben recepiti – dice il sindacalista –. Detto questo, c’è da capire che fine farà la gestione della depurazione. Come rimane tutta aperta la partita di come organizzare i controlli: ciò che ci hanno restituito le carte delle indagini si è verificato perché evidentemente, al netto delle responsabilità personali, qualcosa non ha funzionato sul fronte del monitoraggio e questo non deve mai più accadere”.