Poste, i sindacati ascoltati in commissione: “La cessione di quote? Ipotesi scellerata”

Cgil, Cisl, Uil, Cisal e Ugl indicono un presidio davanti alla prefettura di Firenze
L’ipotesi di una ulteriore cessione di quote di Poste Italiane (la prima alienazione risale al 2015) è “scellerata” e va “fermata con la collaborazione di tutti”. Lo chiedono a gran voce rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Cisal e Ugl ascoltati oggi (3 aprile) in commissione bilancio e aree interne del Consiglio regionale riunite in seduta congiunta.
La preoccupazione per il piano del ministro Giorgetti, “anche se con l’assicurazione che lo Stato manterrà comunque il controllo”, è unanime e spinge le sigle a chiedere “azioni congiunte”, prima fra tutte la partecipazione al presidio in programma il prossimo 18 maggio davanti alla Prefettura di Firenze.
“L’idea di ricorrere alla privatizzazione per abbattere parte del debito pubblico non sta in piedi visto che si parla di una cifra veramente irrisoria rispetto al totale”, chiarisce subito Michele Mengoli per la Cgil. Il rischio di perdere migliaia di posti di lavoro preoccupa non poco Sandro Vigiani Cisl che avverte: “l’acquisizione di quote da parte di fondi di investimento stranieri avrà pesanti conseguenze sui cittadini”.
“La collocazione sul mercato è positiva se aiuta la crescita del Paese. Non mi pare questo il caso. La logica del puro profitto determinerà un deterioramento dei diritti”, dichiara Paolo Roccabianca per la Uil. “La privatizzazione di Poste è già storia ed è già scritta. Nel Piano strategico che guarda al 2028 presentato dall’amministratore delegato Matteo Del Fante non si parla più di sportelli ma di punti vendita, quindi infrastrutture dove non si erogano servizi pubblici”, rincara Luigi Ferraro dalla Cisal. “Poste è la nostra azienda più grande. Ha oltre 160 anni di storia. Ha contribuito all’alfabetizzazione del Paese e può continuare su questa strada grazie al progetto Polis nato anche per superare il digital divide”, aggiunge Renzo Nardi per la Ugl.
Al di là dei singoli esempi che disegnano Poste come infrastruttura strategica e al di là delle diverse posizioni politiche sull’annunciata privatizzazione, il valore sociale, di aggregazione e di pubblico servizio è trasversalmente riconosciuto. Franceso Torselli, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, è netto: “l’intento del governo è chiaro e mi auguro non andrà a scapito della coesione sociale, ma se dovesse accadere non avrei problemi a contraddire questa scelta politica. Invito dunque alla cautela, ricordando che la vocazione di Poste è andata, purtroppo, scemando già dal 2015”.
Altrettanto preciso il vicepresidente del Consiglio regionale e consigliere della Lega Marco Casucci. “Il ministro Giorgetti ha posto un’asticella al 51 per cento come quota soddisfacente in questo momento. Il piano di alienazione – ricorda – viene da lontano, dal governo Renzi. Ritengo che dobbiamo stare attenti e presidiare. Il controllo pubblico è determinante. Continuo a denunciare il paradosso di sportelli ancora chiusi per Covid. Questo è il lavoro che ci deve vedere tutti impegnati e collaborativi”.
“Quando nel 2015 l’allora amministratore delegato promosse un Piano di ridimensionamento robusto, la Toscana rispose con forza. Con il progetto Polis tutti ci auguravamo che la rotta fosse stata invertita. Ricordo che è un intervento da oltre 800milioni del Pnrr che rischia di finire in mani private – afferma tranchant il presidente della commissione aree interne Marco Niccolai (Pd) -. È chiaro che le aree disagiate sono diseconomiche. Ce lo insegna la vicenda degli sportelli bancari che se non può essere messa in parallelo col servizio pubblico svolto da Poste dimostra un rischio concreto: se alla trasformazione digitale dei servizi finanziari, causa della chiusura di molte filiali, sommiamo la privatizzazione di Poste otteniamo uno tsunami per le aree interne”.
Poco interessato al dove e come sia partita l’idea della privatizzazione il capogruppo Pd Vincenzo Ceccarelli: “L’ingresso del privato ha senso laddove si richiedono margini di efficientamento di un servizio che il pubblico non è in grado di garantire. Non è il caso di Poste. Ancora prima di ragionare di termini e quote, è sbagliato privatizzare un servizio che funziona. Indipendentemente dal ministro e dal Governo di turno, quanto detto dai sindacati non può che unirci e esortarci ad ogni azione possibile, come partecipare al presidio il prossimo 18 maggio”.
In sinergia col capogruppo anche i consiglieri Pd Valentina Mercanti, Mario Puppa e Elena Rosignoli. Tutti concordi sulla necessità di garantire prossimità dei servizi senza dimenticare un altro aspetto della vicenda: Poste vanta un patrimonio immobiliare importante. Anche questo deve essere salvaguardato. Chiude il lungo confronto Maurizio Sguanci di Italia Viva. “La storia insegna che quando si passa interamente al privato si opera subito una riorganizzazione di servizi e personale. Insomma: tagli, che non interesseranno certamente luoghi di grande interesse”.
A inizio seduta il presidente della commissione Bilancio Giacomo Bugliani (Pd) ha informato commissari e rappresentanti sindacali dell’assenza di Paolo Pinzani responsabile d’area di Poste Italiane invitato alla seduta. “Pinzani ha mandato una lettera, affermando che il suo contributo, oggi, non avrebbe aggiunto alcun valore considerato che l’amministratore delegato ha svolto già audizioni in Camera e Senato”. Su richiesta unanime dei consiglieri Bugliani inviterà di nuovo Pinzani in Commissione per approfondire altre questioni, più strettamente legate alla Toscana. Nella nostra regione Poste impiega infatti 7mila 500 operatori (dato 2023) e conta 900 uffici.