Fidi Toscana, la vicenda approda in consiglio: la Regione diminuirà la partecipazione azionaria

6 aprile 2022 | 09:15
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Fidi Toscana, la vicenda approda in consiglio: la Regione diminuirà la partecipazione azionaria

Marras: “Non si tratta di privatizzazione”

Fidi Toscana, la vicenda approda in aula in Regione.
Creare un’agenzia dello sviluppo partendo da Sviluppo Toscana, oggi società in house, rivedere il ruolo di Sici (Sviluppo imprese centro Italia), e diminuire il peso della Regione nel pacchetto azionario di Fidi Toscana, trasformandone l’assetto societario, con l’affidamento della maggioranza delle quote al privato e cercando nuovi partner industriali.
Questo in sintesi il futuro societario di Fidi, come comunicato dall’assessore regionale all’Economia, Leonardo Marras, intervenuto, ieri pomeriggio (5 aprile)  in aula sulle prospettive e sulla trasformazione dell’assetto della società che da quando è nata, negli anni Settanta, ha visto la Regione come socio di maggioranza relativa.
Marras ha ribadito che nel panorama attuale “è venuto meno il prodotto ‘garanzie locali’ di accesso al credito a vantaggio del Fondo centrale di garanzia” e che “non sono individuabili per Fidi Toscana altre linee di attività che non siano in conflitto con le linee di business delle banche socie”. L’assessore ha ribadito che sarebbero “6 milioni l’anno di commesse quelli che la Regione dovrebbe garantire a una Fidi in house” “rischiando comunque “una sovrapposizione con Sviluppo Toscana” e poi “per riportare nell’alveo regionale la finanziaria”. Secondo le stime dell’advisor Prometeia, aggiunge Marras, “da parte della Regione sarebbe necessaria una spesa una tantum che si attesta tra i 19 e i 22 milioni di euro, per liquidare gli altri soci bancari: Mps e Intesa detengono infatti quote per il 27,46 e 11,02 per cento, Bnl per il 3,92 ed altri istituti hanno partecipazioni minori”. “Si tratta – commenta Marras – di una cifra che attualmente non è in bilancio e che sarebbe difficilmente reperibile, se non sottraendola ad interventi in altri settori”.  La gran parte dei 53 lavoratori di Fidi passerebbe a Sviluppo Toscana (sfruttando la legge Madia sulle partecipate), e quindi “questa è la scelta migliore – secondo Marras- per salvaguardare anche il personale che oggi lavora in Fidi Toscana”.
Secondo  Marras, nel panorama attuale c’è bisogno di un soggetto ‘interno’ che operi in modo “immediato, dinamico e flessibile” per il sostegno allo sviluppo territoriale che unifichi più attività e possa anche avvalersi di una società di gestione del risparmio, anch’essa in-house, di “uno strumento a sostegno degli investimenti produttivi”, “per favorire nuovi investimenti”, “nuovi insediamenti” e “processi di transizione digitale e ecologica, e per consolidare  le filiere produttive sul territorio”, “a supporto di ricerca e sviluppo e internazionalizzazione, per affiancare la finanza innovativa o sostenere la nascita di start up ed accesso al venture capital”. 
Abbiamo pensato – aggiunge l’assessore – a Sviluppo Toscana e Sici insieme.La legge non consente però di avere partecipazioni in soggetti che hanno le medesime competenze sulle stesse materie, come ribadito dalla Corte dei Conti, quindi Sviluppo Toscana, già partecipata completamente dalla Regione, è la soluzione già pronta per affrontare da subito le sfide che attendono la Regione a sostegno dell’economia, ha già una struttura disponibile e basta modificarne statuto e piano industriale”.
“Sviluppo Toscana – spiega – può consentire l’affidamento delle procedure di gestione dei piani operativi regionali in tempi brevi e coerenti con la nuova programmazione”, e non comporta costi per la Regione per acquisirne la proprietà, perché già in-house” ed è “quella in condizione di assorbire Sici Sgr come propria società in-house”.
Infine, Marras parla del futuro di Fidi Toscana che “ha mantenuto una buona patrimonializzazione e ha una copertura adeguata dei rischi sul credito e che, se ulteriormente ricalibrata sui costi di struttura, può essere orientata verso altre missioni oltre alla gestione degli stock delle garanzie in essere, anche grazie al mantenimento di una forte presenza della Regione Toscana, pur senza il possesso della quota di controllo del capitale”. Riguardo ai tempi dell’operazione l’assessore afferma che dipendono dall’avvio della procedura pubblica di individuazione dei nuovi investitori. La Regione ha chiesto agli attuali soci privati di comunicare entro la fine del mese di aprile la propria adesione al percorso indicato. A quel punto “la Regione avvierà un’indagine preliminare di mercato per raccogliere le manifestazioni di interesse non vincolanti”. La procedura pubblica si dovrà chiudere entro i sei mesi dall’avvio, secondo quanto prescritto dal Testo unico delle società partecipate. Entro settembre 2022, invece, Fidi Toscana dovrebbe dichiarare i propri esuberi di personale”.
Ad aprire il dibattito sulla comunicazione della Giunta regionale, sul futuro di Fidi Toscana, un film degli anni Ottanta, che Francesco Torselli (Fratelli d’Italia) ha parafrasato: “come al ministro corrotto interpretato da Nanni Moretti veniva chiesto se il polo chimico fosse da buttare oppure no, noi oggi siamo a domandarci se Fidi sia da buttare oppure no”. E ammettendo una certa difficoltà a contribuire ad un dibattito non facile il consigliere, dopo aver parlato di un percorso non lineare, ha fatto alcune precise domande: “quanto vale Fidi Toscana? Esistono i presupposti per una continuità aziendale? In mancanza di tale continuità perché dovrebbe arrivare un investitore privato? E ancora: il Collegio sindacale quali provvedimenti ha adottato per provare l’esistenza di tale continuità?” Non solo “dubbi”, per Torselli, ma anche “certezze”:  “Il tempo perso che ha avuto un costo; il periodo transitorio che penalizzerà il tessuto economico più indebolito dalla pandemia; l’investitore privato che ad oggi non c’è”.
Di opinione diametralmente opposta Stefano Scaramelli (Italia Viva), per il quale “le banche devono fare le banche e la politica deve fare la politica”: No quindi ad un unico soggetto in grado di rilanciare l’economia della nostra Regione e sì ad una “covendita” di Fidi Toscana, “necessaria per dare una strategia e rilanciare sul mercato un know how importante, con privati che sono e saranno sempre opportunità, attraverso percorsi di partecipazione e di trasparenza”. Da qui l’invito ad andare oltre il dibattito su Fidi, per interrogarsi su ciò che serve alla nostra regione: percorsi in house, agenzie di sviluppo, fondi rotativi, azioni di microcredito, finanza innovativa e soprattutto la fondamentale partita del Pnrr; “su queste cose la politica può e deve fare la sua parte”, ha sottolineato il consigliere. “Sosteniamo il percorso della Giunta e stiamo nella discussione della modifica di Sviluppo Toscana – ha assicurato Scaramelli – per una Regione che intende essere protagonista nel creare reddito, sviluppo e ricchezza, all’altezza delle grandi regioni europee”.
“Oggi non posso dirmi soddisfatta, perché si sancisce l’inizio della fine di Fidi Toscana”. Così Elisa Tozzi (Gruppo misto – Toscana Domani) che, ricordando la campagna elettorale di Eugenio Giani, ha affermato come la Giunta regionale abbia disatteso l’impegno assunto per la trasformazione  in-house della società, “sfumando” tutti gli annunci e rendendo oggi tutto più incerto: “Credo che il Fondo Centrale di Garanzia abbia contribuito in modo decisivo a ridurre l’operatività di Fidi Toscana”. Inoltre, secondo la consigliera: “accanto alle idee poco chiare della Giunta manca anche lo strumento di programmazione delle azioni, il Programma regionale di sviluppo, e si è in ritardo su tutto, a iniziare dalla cabina di regia sul Pnrr”. “La toppa che si sta tentando di mettere è peggiore del buco – ha affermato – lo scenario che abbiamo davanti è più rischioso di una Fidi in-house; speriamo di essere smentiti, ma la Toscana ad oggi non ha uno strumento operativo a sostegno del tessuto economico, occorrono tempi certi e scelte chiare”.
Marco Casucci (Lega), parlando di una mole di crediti deteriorati e di 50milioni di perdite pregresse, ha sottolineato che in Toscana è venuta meno la lettera R, ovvero la normativa che consentiva alle Regioni di riservare ai confidi di operare in regime di monopolio per accedere al fondo di garanzia, il più importante strumento a sostegno finanziario delle Pmi, penalizzando quindi le piccole e medie imprese, e non valorizzando eccellenze e nuove imprenditorialità.  Per  il consigliere “la storia di Fidi è segnata da spinte contraddittorie”, come dimostrano la scelta di avvalersi di Prometeia o quella di investire su Sviluppo Toscana. “Quali le reali intenzioni della Toscana – si è chiesto e ha chiesto Casucci – puntare su Sviluppo Toscana, assorbendo anche Sici, ma come?”. “Siamo di fronte ad un quadro dai contorni troppo incerti, ben lontano da Fidi come piccola Iri della nostra regione – ha concluso – la Toscana ha perso ancora una volta una occasione importante, quando invece dovrebbe lanciarsi sul treno della ripresa e delle opportunità, in tempi di Pnrr”.
Anna Paris (Pd), partendo dai documenti presentati, dopo aver sviluppato una precisa e puntuale analisi della situazione di Fidi, si è soffermata sui punti di forza e sui punti deboli della società, definendo la “crisi governabile, non irreversibile, ma che necessita quindi di interventi correttivi e radicali”. “Manca un orientamento strategico di fondo – ha affermato – è necessario trovare un imprenditore che sappia stare sul mercato del credito, sia capace di introdurre nuovi business; la Regione Toscana ha infatti bisogno di un ente che acquisisca alcune attività, assistendo il mondo delle imprese e salvaguardando i livelli occupazionali”. Da qui la richiesta alla Giunta di “andare avanti nel percorso tracciato, tenendo presente che il nuovo partner industriale, oltre alla conoscenza del mercato, debba garantire anche l’apporto di capitali certi”.
“Perché queste cose non le avete dette prima a Giani, evitandogli l’ennesima figuraccia?”. Questo l’esordio di DiegoPetrucci (Fratelli d’Italia). Siamo passati  “dalla banca di D’Alema alla finanziaria regionale di Giani fino alla comunicazione dell’assessore Marras, con nel mezzo la relazione di Promoteia, advisor di fama internazionale che ha disintegrato il piano industriale recentemente elaborato da Fidi Toscana, che è stata non certo a servizio dell’economia della nostra regione, bensì il braccio armato della politica regionale”. Secondo il consigliere “la scelta di puntare su Sviluppo Toscana è condivisibile, ma non si capisce se nelle intenzioni dell’assessore Marras ci sia la volontà di portare tale società all’interno del 106 del Tub, quindi degli intermediari finanziari, avendo il nostro tessuto produttivo necessità di una finanziaria regionale”, ha concluso Petrucci.

“Ho sentito dire che stiamo mettendo in dismissione Fidi Toscana, credo sia vero l’esatto contrario. Si tratta piuttosto di dargli nuova vita. Non è un’operazione di dismissione, ma di rinascita”, dichiara il consigliere di Italia viva Maurizio Sguanci. “Da quando è cambiato l’accesso al credito – prosegue –, il ruolo di Fidi è venuto meno. L’anno scorso in periodo di pandemia, le piccole e piccolissime aziende, che erano le prime a ricorrere al soccorso economico di Fidi Toscana l’hanno fatto molto meno: Fidi ha erogato un settimo della propria possibilità di credito. Sono venuti meno i presupposti. Non ci sfileremo, la Regione rimarrà con una quota significativa, ma ridurremo la nostra disponibilità per mettere con noi persone che abbiano capacità di stare sul mercato. Quanto portato avanti dalla Giunta è l’indirizzo giusto. Mi preme di più, mperò, chiedere a Giunta e Consiglio di impegnarsi con i 53 lavoratori, che devono aver assicurato il lavoro anche alla fine di questo percorso, sia che rientrino in regione sia che restino dove sono”.

Il vicecapogruppo del Partito democratico Massimiliano Pescini (Pd) ricorda che “l’analisi è stata condivisa con la Giunta anche in queste settimane. Nella precedente seduta dedicata a Fidi, qualche mese fa, avevamo delineato il tracciato e così si sta svolgendo. Gli esiti della ricerca dell’advisor ci servono per per cercare la miglior soluzione possibile. Dobbiamo chiederci come l’economia toscana può utilizzare questo strumento, che nasce su delle norme che non sono più vigenti: la creazione del fondo di garanzia centrale – spiega Pescini –  ha tolto a Fidi il ruolo sulle garanzie primarie. Il ragionamento dell’assessore è coerente con questo principio. Non c’è responsabilità dei dipendenti o di chi la dirige, è cambiato il quadro. Fidi non è strumento decotto e inutile, ma va profondamente riprogrammato. Dobbiamo accettare la nuova sfida, cercando la via d’uscita migliore, che non è una dismissione. La Regione avrà un suo ruolo, cercherà un partner che ridefinisca la mission insieme alla Regione e ci dia la possibilità di avere uno strumento che sia, per i nuovi tempi, quello che Fidi è stato fin dalla sua creazione. Sarà responsabilità nostra – conclude il consigliere – garantire le professionalità e l’occupazione dei lavoratori. È questo un punto dirimente della nostra azione politica e responsabilità di chi governa un processo. Sappiamo che è una strada complessa, ma diversamente rischieremmo di consegnare la nostra finanziaria a una lenta agonia, derivante alle regole che cambiano. Abbiamo coscienza del nostro ruolo”.

Elena Meini, vicecapogruppo della Lega, ha “domande per la Giunte e l’assessore Marras. È la seconda volta che siamo chiamati ad affrontare il tema di Fidi Toscana. Questa discussione ritengo non sia completa, abbiamo chiesto tutta la documentazione di Prometeia, ma non è ancora in nostro possesso. Ci sono punti da chiarire, in primis riguardo a quello che leggiamo sulla non garantita continuità aziendale, che il presidente di Fidi Toscana smentisce categoricamente. Petretto ci dice anche che basteranno 9milioni, non ne serviranno 15”. La consigliera ricorda che “quando Giani lo annunciava, non sappiamo su quale base, noi dicevamo che non era possibile portare in house Fidi Toscana. È stata una delle tante promesse in campagna elettorale, un’invenzione. Ora la maggioranza difende una posizione profondamente diversa rispetto a quella sostenuta fino a poco tempo fa. Le domande da porre a Marras: per quale motivazione un soggetto privato potrebbe investire in Fidi senza garanzie dal punto di vista della continuità aziendale? Avete previsto se sia legittimo mantenere capitale sociale in Fidi, visto che non avrà più una funzione strategica? Ad oggi – conclude Elenea Meini –, l’unica strada che vedo a conclusione di questo percorso è la chiusura definitiva di Fidi. Ci batteremo fino all’ultimo perché questo non accada”.

“Se non fosse vero, sembrerebbe una barzelletta – dice il presidente della commissione Controllo, Alessandro Capecchi (Fratelli d’Italia) –. La Regione ha un bilancio di 14miliardi di euro, il Consiglio di 30milioni. Impostiamo una riforma di Fidi basata sulla scelta particolare e forte dell’in house e poi arriva la Corte dei Conti che ci dice: avete due enti simili. E allora spendiamo 120mila euro dei toscani per una consulenza. Forse bisognerebbe dotarsi di una struttura interna capace di leggere i bilanci”. Secondo il consigliere, “comincia a diventare incredibile che discussioni complesse, come questa, avvengano con la formula delle comunicazioni in Aula. La Giunta ha già preso la decisione dal 7 marzo, ha parlato con mezzo mondo, e oggi Marras ci dice cosa intenda fare. Quando la dicussione arriva in Consiglio, la decisione è già presa. I consiglieri non sono stati posti nelle condizioni di capire per tempo dove stavamo andando. Ci rivolgiamo idealmente agli imprenditori di questa Regione che hanno le garanzie di Fidi e si domandano cosa mi succederà domani? Ieri il presidente Petretto ci diceva che oggi sarebbe andato a parlare con i soci, con la banche, senza sapere quale sarà il suo destino. Questi temi devono passare dalle commissioni competenti, attraverso proposta di modifica degli atti formali”. Intanto, prosegue Capecchi, “si crea situazione paradossale: nel Defr abbiamo la previsione dell’in house per Fidi, poi c’è la delibera di Giunta del 7 marzo che va in un’altra direzione. Sviluppo Toscana non ha nel proprio statuto certe funzioni e oggi Fidi non è credibile, il Cda si dovrebbe dimettere domani mattina. Finirà che non avremo lo strumento per intercettare la ripresa”.

La consigliera Silvia Noferi (Movimento 5 stelle) si dice preoccupata, “non solo perché come soluzione viene prospettata l’acquisizione da parte di un socio privato e non è detto che sempre il privato si faccia avanti, l’abbiamo già visto con le Terme di Montecatini. Sono stati fatti errori: dal presidente Giani, ma non è stato l’unico. Quello che mi sconvolge – prosegue la consigliera – è che ci si renda conto adesso che ci sono due società che fanno la stessa cosa. E soprattutto, siamo in mancanza di un Piano regionale di sviluppo: non sappiamo cosa la Regione voglia fare, qual è la sua visione, eppure la Toscana ha grandi potenzialità. Manca l’ordito principale su cui innestare qualunque decisione economica di sviluppo in Toscana. Ora si aggiunge il nuovo scenario, con il post pandemia e le nuove emergenze della guerra, con i problemi energetici che ci vedranno in scarsità di rifornimenti. Rimane alla fine – conclude Silvia Noferi –una grande incognita: se Fidi viene completamente esautorata della sua finalità principale, cosa dovrebbe indurre un soggetto privato a entrare? Fidi ha dato sostegno ai piccoli imprenditori spesso non patrimonializzati. Quale sarà il destino di tutte quelle aziende che hanno contato sul suo appoggio? E poi i lavoratori: abbiamo fatto ordine del giorno perché siano garantiti e non siano loro a fare le spese di scelte fatte con poca visione. Sono sbalordita: si chiede al sistema economico produttivo privato quale debba essere il destino di Fidi Toscana. Vuol dire che la politica non ha una soluzione”.

Secondo Marco Stella (Forza Italia), la Regione aveva già le idee chiare e queste non coincidevano con le tante dichiarazioni rese in pubblico: “C’erano molte persone con poche idee molto confuse e poche persone con un’idea molto chiara. Il percorso intrapreso era quello di una scelta diversa rispetto alle dichiarazioni rilasciate alla stampa, sin dal 2018. Dagli atti, si capiva quel era il futuro di Fidi e di Sviluppo Toscana, società citate quasi al pari in questa comunicazione. La scelta di fondo politica era già decisa, questa è la vittoria dell’assessore allo sviluppo economico. Tutti gli atti amministrativi individuavano un percorso assolutamente diverso, mentre le dichiarazioni pubbliche andavano in direzione contraria e individuavano Fidi Toscana come la società da portare in house. Avremmo avuto bisogno di avere il documento completo di Prometeia – aggiunge Stella –. Con quello che abbiamo potuto leggere, facciamo fatica a capire perché non ci fidiamo della società della quale deteniamo il 49 per cento: l’affidamento a società esterna mette in discussione il piano industriale di Fidi. Quel Piano ci dice che la società in house si può fare”. Certo, sostiene il consigliere, la storia di Fidi diche che “ha bruciato qualcosa come 100milioni di capitalizzazione e ha accumulato 46milioni di perdite negli ultimi dieci anni. Questo è accaduto per scelte sbagliate”. E cita “alcune società che erano citate come vanto del salvataggio da parte di Fidi Toscana: Braccialini, Centrale del latte, Consorzio Etruria, Ansaldo Breda, Lucchini. Qualcuno sa dirmi quante di queste oggi sono vive? Molte di quelle operazioni erano su aziende decotte, il ragionamento che guidava era diverso, era politico. Ora – chiude Stella – l’assessore non ci ha detto cosa succede domani: in house Sviluppo Toscana? Se non vengono acquistate le quote di Fidi cosa succede? Sviluppo Toscana non potrà prendere tutti i dipendenti: il piano industriale prevede solo 12 assunzioni. L’assessore scelga percorso insieme a noi serrato, veloce per salvare quello che è salvabile”.

Per il portavoce dell’opposizione Marco Landi (Lega), “i veri protagonisti sono le piccole e medie imprese e dunque dovremo fare tesoro dell’esperienza negativa di Fidi Toscana negli ultimi dieci-quindici anni, per non commettere gli errori del passato. Un certo tipo di sistema credo sia andato a degenerare; si era creato un sistema di potere, pur nei limiti della legge, che oggi non si può più mantenere. Oggi – prosegue Landi – veniamo fuori da un caos, che è partito con Giani che in campagna elettorale parlava di in house. I fondi di garanzia statale hanno bloccato la strada di Fidi e salvato molte aziende, che fortunatamente oggi possono lavorare. Per riprogrammare la missione c’è bisogno di una visione e di una prospettiva. Ora si snatura quello che era Fidi Toscana fino a ieri. Quello che dice l’advisor Prometeia è sicuramente utile, ma dobbiamo chiederci come si tutela il patrimonio di Fidi. Qual è la previsione sui costi?”. Quanto alla manifestazione d’interesse, conclude il portavoce dell’opposizione, “questo snatura un po’ l’attività politica di programmazione della Giunta regionale: attendere quello che possiamo recepire da altri soggetti non ci dà sicurezza. Sarà molto importante capire quanto queste operazioni ci costeranno”.

“La decisione è importante, dibattito non conclusivo”, avverte il capogruppo del Partito democratico, Vincenzo Ceccarelli (Pd). “Abbiamo apprezzato la comunicazione di Marras: onesta, fa un passo in avanti rispetto alla comunicazione precedente, accoglie le indicazioni del Consiglio. Noi avevamo proposto e approvato una risoluzione che invitava l’assessore a continuare con decisione il percorso avviato, riguardo alla natura e alle prospettive di Fidi, che non erano assolutamente definite. C’era stato orientamento, ma la decisione non era stata assolutamente assunta e noi, in Consiglio, siamo stati i primi a indicare la necessità di un supplemento istruttoria. Fidi – ricorda Ceccarelli – ha svolto un ruolo positivo nei confronti dell’economia e dello sviluppo della Toscana. Poi è cambiato il quadro normativo, è venuto meno il mercato garanzie pubbliche in sede locale. Si è resa necessaria una revisione degli strumenti di cui la regione si vuole dotare per avere ruolo efficace nei confronti del sistema economico toscano, soprattutto le piccole e medie imprese”. Lo studio di Prometeia, “ha dato indicazioni, proposto correzioni rispetto a quanto indicato da Fidi, che non aveva sbagliato, perché nel frattempo si sono modificate delle condizioni. E Fidi non sta svolgendo le stesse funzioni di Sviluppo Toscana”. La Regione, dice ancora il capogruppo, “non si tira indietro, rimane all’interno della società”. E illustra il contenuto della risoluzione presentata dal gruppo Pd, “che abbiamo unificato con quella di Italia viva: diciamo di andare avanti e chiediamo di tutelare il valore di Fidi; che nella manifestazione d’interesse si chieda non solo la disponibilità a entrare, ma anche per fare cosa. Raccomandiamo che siano partner autorevoli, di caratura nazionale e di mantenere una forte presenza della Regione; di tutelare il personale e di garantire pari dignità: il personale rappresenta anche professionalità eccellenti, dev’esserci la salvaguardia dei livelli occupazionali. Chiediamo anche di non procedere al ricorso alla legge Madia prima che sia conosciuto il risultato della manifestazione d’interesse. Chiediamo che Sviluppo Toscana elabori e presenti un nuovo piano industriale. All’assessore infine diciamo: bene, continua il lavoro, ma al momento in cui sapremo se ci sono state manifestazioni d’interesse, torna in Consiglio. Solo allora saremo in grado di programmare con chiarezza e pragmatismo e prendere le decisioni a ragion veduta”.

Non si tratta di una privatizzazione di Fidi, perché non si può privatizzare una società mista, pur se con esercizio del controllo pubblico”. Lo ha detto l’assessore all’Economia, Leonardo Marras, durante la sua replica, al termine del dibattito sulle prospettive future di Fidi Toscana. “E non faremo alcuno spezzatino, bensì cercheremo di vendere le unità operative che possano risultare appetibili sul mercato e che non sono strategiche per la Regione e per Fidi stessa”.
Marras ha anche detto che l’operazione di ridimensionamento della quota azionaria della Regione  in Fidi è maturata prevedendo due paletti: “No alla liquidazione e no alla fusione con Sviluppo Toscana”. Quanto alla scelta di non trasformare Fidi in società in house, l’assessore ha spiegato che la Regione ha già una società in house – Sviluppo Toscana, ormai operativa dal 2008 – “che gestisce l’80% dei fondi destinati allo sviluppo regionale”.
Rispondendo a varie sollecitazioni emerse durante il dibattito, Marras ha ricordato che il destino di Fidi ha cominciato ad essere segnato proprio a partire dal 2008, quando si sono sommati tre elementi: l’inizio della crisi economica, la nascita della finanziaria regionale Sviluppo Toscana e, sulla base di norme nazionali, il divieto di assegnare direttamente a Fidi alcuni compiti specifici. Da lì, attraverso vari passaggi, si è giunti al 2017, quando la Regione e Bankitalia, di fronte alla sempre più limitata operatività sul fronte delle garanzie imposte dai cambiamenti del mercato, hanno chiesto a Fidi di presentare un piano industriale per garantire la continuità economica e finanziaria dell’istituto. “Il piano – ha spiegato l’assessore – è arrivato alla fine del 2020 e indicava, come unica strategia, la trasformazione in house dell’istituto, prevedendo un fabbisogno di 9 milioni di euro in un triennio. La Regione ha detto no, scegliendo di dotarsi di una valutazione propria, quella messa  punto da Prometea, che ha messo in luce che il fabbisogno sarebbe stato in realtà di 12 o 15 milioni. La scelta di dire a quel piano industriale, quindi, si è rivelata giusta”. E nostante questo periodo di difficoltà di Fidi, la Regione è comunque risultata tra le prime tre in Europa per la capacità di spesa a sostegno delle imprese e dell’economia.
Per il futuro, accanto a Sviluppo Toscana, la Regione prevede un ruolo importante anche per Sici, “un ruolo – ha aggiunto Marras – che potrebbe diventare importante anche a livello nazionale sul fronte della gestione del risparmio”.
Quanto a Fidi, l’impegno è quello di un ridimensionamento degli asset operativi, con la vendita a operatori privati, in accordo con i soci, di asset non strategici. “Pensiamo che la Regione possa arrivare a vendere una parte molto rilevante della sua quota, conservando a Fidi alcuni asset strategici – ha spiegato Marras. – Quindi dovremo arrivare in fretta all’avviso pubblico, sapendo che il percorso potrebbe non avere un esito scontato. Trovare investitori privati, in questo momento, non è operazione semplice. Ma dobbiamo tentare. E nel caso in cui non dovessero esserci offerte – ha concluso – torneremo in Aula per chiedere il sostegno a nuove linee di indirizzo, ma tenendo presenti due interessi su cui non possiamo indietreggiare: garantire la serenità di 53 famiglie e garantire la copertura del credito”.