
In mostra agli Uffizi fino al 17 settembre
La moneta come mezzo di scambio, simbolo di potere e prosperità, insieme a tutte le professioni che le gravitavano attorno, al centro della nuova esposizione archeologica della Galleria degli Uffizi.
Pecunia non olet. I banchieri di Roma antica, il titolo della mostra, ospitata in nuove sale al piano terra del museo da domani fino al 17 settembre.

Con oltre 50 opere, provenienti anche da musei italiani ed europei e da importanti collezioni private, la mostra si articola in cinque sezioni e racconta le evoluzioni economiche della società romana primitiva, caratterizzata da un’economia pre-monetaria, a quella della Roma repubblicana e quindi imperiale, “ove si affermano le varie figure attive nella banca romana: prima gli argentarii, seguiti da coactores, coactores argentarii e nummulari (fine I a.C. – seconda metà II d.C.).
Il lavoro di questi professionisti è illustrato da documenti bancari di duemila fa, insieme ai loro ‘ferri del mestiere’, a volte enigmatici, come le tessere nummularie, e a splendidi rilievi, che conducono il visitatore fin dentro le banche romane, dominate dalla mensa, il bancone che finì col divenire il simbolo di tutti i lavori incentrati sul denaro.
E la mostra narra anche la storia di alcuni degli operatori del mondo bancario romano: come Daphnus, che nella scena scolpita sulla sua ara si mostra in abito da lavoro, mentre dirige un’asta nel sontuoso mercato costruito da Nerone. L’ultima sezione del percorso è dedicata alle trasformazioni della società romana a partire dalla metà del II secolo d.C., quando con la contrazione degli scambi anche i mestieri bancari perdono di specializzazione e gradatamente scompaiono. Della loro funzione resta comunque memoria, come dimostra la forza con cui papa Gregorio Magno si spende per tutelare un argentarius romano suo contemporaneo.
“Questa mostra è la prima ad affrontare un tema importantissimo di storia sociale dell’antichità classica come l’economia della Roma antica – dice il direttore delle Gallerie Eike Schmidt – L’esposizione si basa non soltanto su reperti originali come i nummi e raffigurazioni delle attività commerciali e bancarie, ma soprattutto su un genere preziosissimo che unisce patrimonio testuale con quello materiale come le epigrafi, troppo spesso neglette o considerate solo elementi ausiliari”.
“È una mostra che aiuta a capire da angolazioni insospettate la complessità dell’economia imperiale romana. La compongono una serie di testimonianze di speciale interesse che danno conto della sorprendente modernità del sistema economico e finanziario di 2000 anni fa; il grande pubblico viene messo dinanzi ai principali attori sociali e ai meccanismi di funzionamento del mondo economico-finanziario romano”, aggiunge Alberto Cecconi, professore ordinario di Storia Romana all’Università di Firenze.