Un prestanome della ‘ndrangheta calabra nel senese, sequestrati beni per oltre 600mila euro

Curava gli interessi patrimoniali della cosca “Tegano-De Stefano”
Operazione congiunta della Guardia di Finanza di Firenze, il comando provinciale di Reggio Calabria e la Polizia di Siena, sotto il coordinamento della Dda calabra diretta dal Procuratore Capo facente funzioni Giuseppe Lombardo, che hanno condotto accertamenti economico- patrimoniali ai sensi del Codice Antimafia nei confronti di un imprenditore del settore edile contiguo alla ‘ndrangheta residente con il suo nucleo familiare in provincia di Siena.
La figura dell’uomo che è stato destinatario di un primo provvedimento interdittivo antimafia emesso nel 2003 dalla Prefettura di Reggio-Calabria, è emersa nel 2011 nell’ambito dei procedimenti denominati “Archi-Astrea” e “Ghota” della Direzione Distrettuale Antimafia reggina, che lo ha ritenuto, anche sulla base di riscontrate dichiarazioni di collaboratori di giustizia, portatore di “pericolosità sociale”.
Lo stesso, quale fidato “prestanome” e uomo curante gli interessi patrimoniali della cosca “Tegano-De Stefano”, originaria di Reggio Calabria e con proiezioni sul territorio nazionale, si è reso disponibile, attraverso fittizie intestazioni societarie, ad occultare l’effettivo gestore, un componente di spicco della medesima ‘ndrina: nello specifico, risulta aver falsamente stipulato un contratto d’affitto d’azienda e aver attribuito fittiziamente a terzi soggetti, con il proprio contributo causale e consapevole, la titolarità formale di quote di società operanti nei settori edile, costruzioni e servizi (appositamente costituite), essendo in realtà l’attività imprenditoriale di proprietà, di fatto, della cosca di riferimento.
In relazione alle risultanze delle attività, la Dda di Reggio Calabria, nel quadro delle attività finalizzate al contrasto degli interessi economico- imprenditoriali della criminalità organizzata, ha delegato il Gico dei Nuclei di Polizia Economico Finanziaria di Firenze e Reggio Calabria e la Squadra Mobile di Siena, a svolgere apposita indagine anche di carattere economico – patrimoniale, finalizzata all’applicazione, nei confronti del soggetto, di misure di prevenzione patrimoniali.
Una volta documentata la pericolosità sociale, l’attività ha consentito di ricostruire, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell’uomo, il cui valore è risultato sproporzionato (nell’arco di quasi 30 anni per circa 800.000 euro) rispetto alla capacità reddituale manifestata. Sul punto il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione ha in sintesi osservato come la ragione della sproporzione tra il patrimonio posseduto e i redditi lecitamente dichiarati sia da individuarsi in guadagni che potrebbero derivare dalla sua piena messa a disposizione della cosca. Conseguentemente, il divario ricostruito durante il periodo di manifestazione di pericolosità sociale appare non giustificato da capitali di origine lecita e, pertanto, suscettibile di misura ablativa.
Su queste basi, il Tribunale di Reggio-Calabria – Sezione Misure di Prevenzione ha disposto il sequestro, tra Siena, Sovicille e Monteroni d’Arbia, del patrimonio intestato ai familiari, ossia una villa con relative pertinenze, due appezzamenti di terreno, un locale adibito ad autorimessa, un B&B/affittacamere, oltre a conti correnti e disponibilità finanziarie, per un valore complessivamente stimato in oltre 600.000 euro. Tali beni saranno gestiti da un Amministratore Giudiziario.