Odissea per una donna della Versilia per una diagnosi di endometriosi

La donna 37enne, dopo un lungo giro fra pronto soccorso e specialisti, ora sarà operata all’ospedale Negrar di Verona
Una vera e propria odissea quella di una giovane donna della Versilia, per scoprire, e curare, l’endometriosi.
La 37enne ha contattato la nostra redazione non solo per dare testimonianza della sua spiacevole vicenda ma anche per far emergere quella che lei considera una “criticità di un sistema sanitario che mi pare al collasso, e con la speranza che certi vissuti possano lasciare traccia e buon terreno per altre donne che, come me, si sono trovate perse, poco comprese e poco assistite nel percorso di una malattia altamente invalidante”.
“Sono monorene dalla nascita, ne sono venuta a conoscenza all’età di 11 anni per un controllo fatto a seguito di un incidente stradale con mia madre – spiega – All’età di 13 anni, nel 2000, vengo sottoposta ad un intervento in laparoscopia all’ospedale di Grosseto con la seguente diagnosi: salpingo-ovariectomia monolaterale, appendicectomia con agenesia renale sinistra ed anomalia morfologica utero annessiale. A seguito di un ecografia pelvica post-operatoria si evidenziava unico ovaio destro con evidenza di normale patrimonio follicolare ed utero unicollo, bicorne con corno sinistro atresico. Mi consigliano terapia estro-progesteronica al fine di mantenere in riposo funzionale l’unico ovaio presente. Dall’ anno precedente l’intervento, momento in cui sono sviluppata, ad oggi, per me è sempre stato un calvario il momento dell’ovulazione e dell’arrivo della mestruazione per i forti dolori che spesso mi hanno portata ad accessi al pronto soccorso e a visite da specialisti, ma oltre ad evidenziare cisti follicolari e a cambiare continuamente la pillola, non emergeva mai niente di più”.
Insieme ai dolori mestruali, ha avuto anche problemi intestinali, con frequenti diarree, ma sottoposta a colonscopia non emergono problemi particolari.
“Nel 2015 – aggiunge – ho avuto un aborto spontaneo di una gravidanza cercata, voluta, e per due anni, nonostante i tentativi, non sono più riuscita a rimanere incinta. In quegli anni i dolori si sono intensificati e si sono aggiunte delle reazioni forti sulla pelle (pustole su mani e gomiti) come reazione di forte infiammazione. Nonostante visite di ogni tipo anche nella libera professione mai una diagnosi, fino a quando ho deciso di cambiare ginecologa, con un medico della Pma dell’ospedale Versilia, e mi trovo molto bene. Mi prescrive delle analisi da fare e di effettuare un controllo l’anno seguente”.
“A giugno di questo anno, 2024, dopo due mesi che il ciclo saltava o veniva tre volte nell’ arco di un mese nonostante fosse sotto pillola, contatto di nuovo la ginecologa dicendole che avevo anche molto fastidio nei rapporti e dolore in sede ovarica. Dopo ecografia si accerta cisti follicolare a destra, si cambia la pillola e ci teniamo in contatto. I dolori aumentano fino a quando la sera del 19 luglio, non riuscendo neppure a camminare dal dolore vengo portata al pronto soccorso in ambulanza. Arrivo alle 19. Accedo direttamente al pronto soccorso ginecologico dell’ospedale Versilia dove a visitarmi per primo è un ginecologo di turno (alle 19,40) che mi dice di non vedere la cisti follicolare, mi fa fare i prelievi e mi fa fare in vena per due volte il Toradol perchè il dolore non passava. A tal punto parla di farmi passare la notte ricoverata. Al cambio turno, il ginecologo successivo legge i risultati delle analisi del sangue dove compare la Pcr alta, segno di forte infiammazione e linfocitosi. Mi sottopone ad altra ecografia e dice che il mio non è un problema ginecologico quindi mi invia al pronto soccorso generale. Alle 22,41 dopo altro antidolorifico, mi visita un altro dottore: altro prelievo venoso e richiede ecografia addominale. In ginecologia non c’erano posti per ricoverarmi, e quindi mi mettono nel reparto di chirurgia, dove, dopo avermi iniettato la morfina riesco ad addormentarmi”.
La mattina del 20, ossia il giorno dopo, la donna contatta la sua ginecologa che le dice che sospetta fortemente sia endometriosi, e la mette in contatto con il Negrar di Verona.
Una volta dimessa, privatamente la 37enne esegue una risonanza magnetica a Pisa dove le viene diagnosticata l’ “endometriosi a livello del setto retto-uterino, in parete rettale anteriore, in sede parametriale e in parete della vescica. utero con adenomiosi”.
Con questa diagnosi, in questo mese, sarà visitata dagli specialisti di Verona, sperando che possano risolverle il problema definitivamente.
“Io ho già speso più di mille euro in esami privati, viaggi a Verona, alimenti per celiaci e farmaci non mutuabili. Non sto lavorando, sono continuamente in un ciclo che non finisce tra diarrea, cistite quasi cronica, infiammazione intestinale e dolori pungenti che spesso mi costringono a letto e non posso lavorare – conclude – L’endometriosi è altamente invalidante, ho fatto richiesta per l’esenzione e l’invalidità. Esco poco di casa per il dolore, spesso un evento come una passeggiata è fonte di dubbi o ritirate al sopraggiungere del dolore. L’attività sessuale ne risente, anche la vita sociale. l’alimentazione è in esame ogni giorno tanto che perderei l’ appetito se non mi sforzassi. Raccontare la mia storia mi fa sentire meno sola. Spero sia un seme, una goccia che scavi la roccia. Adesso che sono in lista per l’operazione a Verona ho deciso di rompere questo silenzio e dare testimonianza”.