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Carceri: “Sollicciano è un inferno”

5 luglio 2024 | 14:15
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Carceri: “Sollicciano è un inferno”

A denunciare la situazione Cgil, Acli e il garante dei detenuti

“Mentre si continua a fare passerella nelle scuole di formazione del personale di Polizia Penitenziaria e si annunciano Decreti leggi risolutori sul pianeta carcere, Firenze Sollicciano deve gestire l’ennesima rivolta. Rivolta scatenatasi in seguito al suicidio di un giovane detenuto. Firenze Sollicciano rappresenta senza ombra di dubbio tutto il disastro del pianeta carcere, da anni e nonostante le tante promesse fatte continua ad essere un posto infernale per chi ci lavora e per chi è detenuto”.

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Lo scrive in una nota il coordinatore nazionale Fp Cgil della Polizia penitenziaria, Donato Nolè.

“Il personale allo stremo, scoraggiato, amareggiato, chiamato a contrastare da solo tutte le carenze organizzative e strutturali, non ne può più. Le pessime condizioni di vita all’interno della struttura hanno di fatto creato la condizione migliore, per una parte di detenuti, i più facinorosi, che di fatto si sono sostituiti all’istituzione per la gestione dei ristretti, i quali anche non volendo a volte sono costretti ad assecondare il loro volere, perché il tutto è fuori controllo”, osserva.

“Appreso del Decreto Legge – Misure Urgenti in Materia Penitenziaria di Giustizia Civile e Penale del Ministero della Giustizia –  prosegue il sindacalista – le misure sono talmente urgenti che le assunzioni di 1.000 poliziotti penitenziari verranno fatte per 500 unità nel 2025 e le altre 500 nel 2026. Per deflazionare le presenze dei detenuti, e a nostro parere solo ed esclusivamente per evitare una ulteriore condanna dall’Europa, è stata rivista ed amplificata la sola liberazione anticipata. Tanto, se nell’immediato produrrà qualche effetto, non rappresenta sicuramente una soluzione, anche parziale, del problema. E’ ampiamente dimostrato che il tasso di recidiva di chi viene dimesso dal carcere senza un vero programma di trattamento ed accompagnamento all’inserimento sociale è di circa il 70%, tanto vuol dire che presto le persone che verranno messe in libertà con il solo sconto di pena presto, probabilmente, ritorneranno a delinquere”.

“L’episodio di ieri a Sollicciano ci dovrebbe far riflettere in quanto ancora una volta la criticità si è manifestata in un giudiziario (vale a dire detenuti non condannati in carcerazione preventiva) e nulla è stato previsto nel nuovo decreto per questi circuiti. I dati statistici ci dicono che chi ha commesso un reato ed ha effettuato un percorso alternativo alla detenzione ha una recidiva del 7%”, conclude Nolè.

“La situazione di Sollicciano e del carcere di Livorno sono inaccettabili. Una regione dalle tradizioni solidali come la Toscana non può permettersi di avere penitenziari in queste condizioni: servono interventi rapidi per metterli in sicurezza prima possibile“. A dirlo è Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana, dopo i suicidi di due detenuti a Sollicciano e Livorno e commentando la situazione delle carceri nel nostro paese.

Sul tema carcere serve un maggiore confronto pubblico, a livello locale e nazionale – continua Martelli – che chiami tutti in causa, dalle istituzioni alle associazioni, dalle forze politiche ai semplici cittadini. È fondamentale che le istituzioni adottino misure concrete per prevenire questi tragici eventi. Ciò include migliorare le condizioni di vita all’interno delle carceri, garantire un adeguato supporto psicologico, formativo e sociale ai detenuti, e promuovere programmi di reintegrazione che possano offrire una speranza per il futuro”.

È un “sistema detentivo che genera disperazione e morte. Non si può più aspettare. 52 morti tra i detenuti, cinque tra gli agenti. Come si fa a non vedere o a far prevalere considerazioni politiche, tradotte in proposte di scarso respiro e di nessuna utilità, su un dramma umano di così grandi dimensioni?”. È un garante dei detenuti a metà tra il basito e lo sconcertato quello che interviene all’indomani dell’ennesimo suicidio in cella nel carcere fiorentino di Sollicciano.
Giuseppe Fanfani, che sulla struttura si è speso più e più volt dicendo che, “deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione”, anche nell’ultima delle sue dichiarazioni non usa mezzi termini e afferma chiaramente: “a Sollicciano non c’è nulla che alimenti la speranza e quindi la vita dei detenuti. Manca l’acqua, c’è un caldo terribile, un sovraffollamento inaccettabile, insetti di ogni tipo, ma soprattutto mancano fabbriche interne, laboratori o servizi che insegnino un lavoro collegato con le aziende esterne e che diano la speranza per il futuro. Ma questo è un vizio diffuso in tutti i penitenziari perché manca una mentalità educata a dar attuazione all’ articolo 27 della Costituzione Come ho ribadito più volte andrebbe immediatamente chiuso”. 
“L’ultima vittima, un ragazzo di 20 anni, si è impiccato nel peggior carcere della Toscana” prosegue il Garante della Toscana che sul sovraffollamento chiarisce ancora: “lo spazio ordinario e cosiddetto ‘normale’ è di tre metri quadri a persona, il che significa stare in cinque in una cella di 15 metri quadri. In queste condizioni il sistema detentivo porta alla disperazione e poi alla morte come scelta inevitabile per i più fragili”.
“Sollicciano va chiuso perché è emblematico di questa summa di difetti ed inevitabilmente generatore di morte. Il ministro – prosegue Fanfani – lo deve chiudere perché altrimenti avrà sulla coscienza gli altri morti che verranno, per quanto noi si possa sperare il contrario”.
Un altro problema, di ordine generale, su cui interviene il Garante è la dimensione del carcere: “l’esperienza insegna che le strutture dove è possibile attuare il sistema di reinserimento, come sancito dalla Costituzione, sono quelle di piccole dimensioni, dove c’è un rapporto diretto con il personale, dove c’è un controllo sociale diffuso, dove c’è propensione alla solidarietà umana anche tra figure diverse. Questo mi porta a pregare il ministro e la politica di smettere di parlare a sproposito, di stracciarsi le vesti ad ogni occasione, di tacere e di metter mano a riforme strutturali che allontanino il pianto dalle nostre carceri. Dubito che saranno all’altezza di un compito così gravoso, ma non voglio abbandonare la speranza”, conclude Fanfani.