La svolta nell'indagine |
Cronaca
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Morì cadendo dal quarto piano, in carcere per omicidio: “Con un pugno lo ha fatto precipitare dalla finestra”

18 marzo 2024 | 08:30
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Morì cadendo dal quarto piano, in carcere per omicidio: “Con un pugno lo ha fatto precipitare dalla finestra”

La vittima perse la vita il 22 agosto 2022

Svolta nell’indagine sulla morte di Denny Magina Guardia.

I Carabinieri del Comando Provinciale di Livorno, su ordine della Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cittadino extracomunitario ritenuto responsabile del reato di omicidio preterintenzionale ai danni del 30enne Denny Magina Guardia, deceduto a seguito della caduta avvenuta il 22 agosto del 2022 dal quarto piano di una palazzina della città labronica.

Le “intense e sofisticate indagini” a cura della Compagnia dei carabinieri di Livorno, hanno permesso di ricostruire la dinamica degli eventi avvenuti quella notte, attraverso accurati sopralluoghi e attività tecniche nonché con l’apporto sinergico dei consulenti nominati dalla Procura.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la giovane vittima, nelle ultime ore di vita, poco lucido per l’assunzione di droga, trovandosi nei pressi di una finestra aperta, sarebbe stato colpito con un violento pugno al volto dall’indagato nel corso di una lite e sarebbe caduto all’indietro precipitando dal quarto piano. Le tracce lasciate dall’anello indossato in quel momento dall’aggressore hanno fatto convergere le indagini sul cittadino extracomunitario.

L’indagato si trovava già ristretto in carcere perché arrestato a novembre 2022 dai carabinieri di Livorno con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti in quanto nel corso delle indagini avviate a seguito della morte del giovane Denny, si era evidenziato quale “cinico e scaltro spacciatore” che all’interno dell’appartamento da cui è precipitato e morto il 30enne gestiva un redditizio traffico di cocaina, hashish e marijuana.

La vicenda nasce alle prime ore del mattino del 22 agosto 2022 quando il corpo del 29enne livornese Magina Denny venne trovato a terra dopo un terribile volo dal quarto piano di un alloggio di via Giordano Bruno, precipitato dalla finestra di un appartamento occupato abusivamente da spacciatori, non soccorso dai presenti nell’appartamento, alcuni dei quali, accortisi dell’evento, si erano solo preoccupati di darsi alla fuga, il 34enne cercando di non farsi vedere mentre alcuni erano tornati sul luogo ed avevano osservato a distanza lo svolgimento dei primi accertamenti. Il giovane sarebbe spirato all’ospedale di Livorno alcune ore dopo. L’evento aveva suscitato grande clamore nella popolazione dando origine a diverse manifestazioni in memoria di Denny per mantenere alta l’attenzione su quanto accaduto ed invocare giustizia per la sua morte.

In particolare l’arrestato ed un suo connazionale 31enne erano stati accusati di aver trasformato l’abitazione occupata in via Giordano Bruno in una vera e propria centrale dello spaccio, conosciuta e molto frequentata, vendendo cocaina, marijuana e hashish. Secondo la contestazione, il luogo e la costante disponibilità di stupefacenti erano noti agli assuntori livornesi tanto che spesso le consegne avvenivano anche senza alcun precedente contatto telefonico. I militari erano riusciti ad identificare 21 acquirenti a cui erano seguiti numerosi verbali di Sit (sommarie informazioni testimoniali) delle persone che potevano riferire circostanze utili ai fini delle indagini, come ad esempio di fondamentale importanza due ragazze (totalmente estranee a fatti) che erano presenti sulla strada al momento della caduta e che grazie alla loro prontezza di riflessi erano riuscite a riprendere la scena con i loro telefonini nonché la precipitosa fuga di alcuni soggetti dal luogo senza prestare soccorso giovane Denny.

All’esito della prima fase delle indagini, quando tuttavia erano ancora in corso accertamenti soprattutto di natura tecnico – scientifica, su disposizione del gip del tribunale di Livorno, a seguito di richiesta del sostituto procuratore titolare del fascicolo, il 34enne era stato rintracciato ed arrestato nella bergamasca mentre il 31enne ad Udine entrambi con l’accusa di ripetute cessioni di stupefacenti nonché detenzione ai fini di spaccio di 183 grammi di marijuana e 70 di infiorescenze della medesima sostanza rinvenuti dai carabinieri la notte dell’evento. Nell’ordinanza il giudice concordò in pieno con le risultanze investigative raccolte dai carabinieri relativamente alla fiorente e strutturata attività di spaccio, evidenziando il concreto pericolo di reiterazione del reato, in particolare da parte del 34enne definito “cinico e scaltro spacciatore”, nonché la possibile fuga dei due soggetti, irregolari, che subito dopo la morte di Denny Magina avevano lasciato Livorno, il 31enne in particolare aveva addirittura lasciato l’Italia e chiesto asilo in un altro Paese europeo e nel momento del fermo ad Udine aveva provato a fornire ai carabinieri false generalità.

Relativamente all’ipotesi dell’omicidio, lo stesso giudice ritenendo l’ipotesi verosimile e plausibile non la ritenne inattaccabile sottolineando che sarebbe stato necessario attendere gli esiti degli ulteriori accertamenti.

La prosecuzione di “intense e sofisticate indagini” sulle circostanze narrate hanno portato i militari dell’Arma a raccogliere significativi elementi, cercando di “ancorare ogni giudizio ai dati scientifici” e riscontri documentali, per risalire alla chiara dinamica di quella notte, che sono stati riportati l’autorità giudiziaria labronica, senza fare troppo affidamento alle dichiarazioni rese dagli indagati nelle quali sono apparsi evidenti e tattici gli aggiustamenti delle posizioni.

Già in sede di primo sopralluogo da parte dei carabinieri, oltre al sequestro della droga, era iniziata la raccolta di elementi, dai contenuti dei telefoni delle due testimoni estranee alla vicenda alla verifica delle condizioni del giovane. Quest’ultimo, privo di portafogli era in possesso di diverse centinaia di euro ed aveva una ferita al labbro incompatibile con la caduta. Quest’ultimo elemento è stato accuratamente approfondito anche grazie alla perizia medico legale con la quale sono stati isolate 1291 particelle di materiale inorganico del diametro nell’ordine di frazioni di millimetri di platino ed argento, metalli utilizzati per la realizzazione di monili. All’atto dell’arresto, al 34enne fu sequestrato un anello tuttavia non compatibile con la ferita ma nel corso di uno dei sopralluoghi all’interno dell’appartamento, i carabinieri ne rinvennero e sequestrarono altri 4. Ricostruendo i movimenti dell’arrestato precedenti a quella notte, i militari hanno individuato delle immagini pubblicate in un social network nelle quali hanno riconosciuto uno degli anelli sequestrati alla mano del 34enne, che si definiva “pugile”, anello la cui forma e materiali sono compatibili con la ferita della vittima.

Altro elemento emerso in sede di accertamenti sono tracce di dna dei due stranieri sui pantaloni di Denny Magina, rispettivamente all’altezza della caviglia destra e sinistra.

All’esito delle indagini la ricostruzione sulla morte del giovane, sposata dal titolare del fascicolo e dal gip è che il giovane, purtroppo dedito all’assunzione di droga, come confermato dagli esami tossicologici, aveva frequentato l’appartamento di via Giordano Bruno a più riprese quel giorno; poco prima delle 3 del 22 agosto 2022, sotto l’effetto di cocaina si trovava nei pressi della finestra dell’appartamento, tenuto volutamente lontano dagli altri assuntori verosimilmente per non mostrare loro i deleteri effetti dell’assunzione di droghe, con le spalle rivolte all’esterno, quando a causa di un litigio, sarebbe stato colpito con violenza al volto dall’arrestato alla presenza del 31enne e di un altro indagato.

Visto che il giovane stava per precipitare, i due stranieri avrebbero provato ad afferrarlo alle caviglie, senza successo, da qui l’accusa di omicidio preterintenzionale per l’arrestato avendo l’indagato colpito violentemente un ragazzo stordito e quasi inerme in prossimità di una finestra aperta, situata al quarto piano di un edificio che ben conosceva. Lo stato del giovane è riscontrato dall’assenza di urla o rumori mentre la stretta correlazione tra il pugno di un uno violento ed aggressivo e la caduta che ha determinato la morte si evince dall’assenza di tracce ematiche nei pressi della finestra né sulla parte alta della maglietta da una ferita che se inferta prima, avrebbe lasciato tracce di gocciolamento. A nulla è valso il tentativo del 34enne di attribuire un’eventuale azione violenta alla terza persona presente sostenendo di aver lasciato l’anello sul tavolo e che subito dopo il tonfo lo avrebbe visto lavarsi le mani.

Trattandosi di indagini preliminari, la penale responsabilità dovrà essere accertata in sede di giudizio dibattimentale.