Rapina violenta nella villa di un imprenditore della Piana: confermata la condanna al capobanda

Rigettati i ricorsi: restano i 10 anni e 6 mesi di reclusione per il 43enne di origine kosovara Agron Hasani
Rapina pluriaggravata, lesioni aggravate e sequestro di persona. La Cassazione ha confermato la condanna a 10 anni e 6 mesi di reclusione nei confronti di un 43enne di origine kosovara, Agron Hasani, ritenuto il capo di una banda che nel 2017 portò a termine un vero e proprio assalto nella villa di un imprenditore della Piana di Lucca.

Un vero e proprio blitz in cui Hasani, ora definitivamente ritenuto colpevole, insieme a quattro complici, sequestrò l’imprenditore insieme a moglie e figlia, con minaccia di usare le armi (una pistola e un cacciavite) e violenza nei modi, per poi arraffare soldi e preziosi all’interno della villa.
Dopo la fuga a bordo di una Skoda grigia con cui, però, i malvimenti si schiantarono contro un muretto poco distante. I cinque, dunque, furono costretti alla fuga a piedi. Proprio dall’auto si riuscirono a ricavare gli unici elementi per identificare i responsabili, uno solo dei quali, ritenuto il capo, è stato assicurato alla giustizia e condannato.
Ad incastrare Hasani uno scontrino, ritrovato all’interno della Skoda per l’acquisto dei guanti utilizzati per la rapina: li aveva comprati due giorni prima in un centro commerciale della provincia di Pisa. Hasani, inoltre, aveva in uso la Skoda utilizzata per il colpo e poi abbandonata.
Nel ricorso per Cassazione, in cui Hasani è stato difeso dagli avvocati Pierpaolo Santini e Tiziano Veltri, è stato sollevata la carenza e illogicità di motivazione e la mancanza di motivazione in ordine all’aumento di pena per la recidiva. In un altro ricorso, invece, si censura la mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva: un presunto alibi di Hasani che avrebbe trascorso la notte insieme ad una prostituta di cui non avrebbe però saputo fornire le generalità. Da valutare, secondo i difensori, anche i motivi per la mancata concessione delle attenuanti generiche.
I ricorsi sono stati valutati inammissibili perché, secondo la Corte, si discostano dai paramenti dell’impugnazione di legittimità previsti dal codice di procedura penale, perché attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata. Impossibile, infatti, per la Cassazione, la rilettura degli elementi di fatto posti alla base della decisione di primo grado e appello. Tutti gli elementi, comunque, si legge in sentenza, convergerebbero verso la responsabilità del rapinatore kosovaro: il possesso dell’auto usata per il colpo, il rilevamento di materiale biologico sul volante della vettura e su una bottiglietta d’acqua lasciata sul veicolo, il volto tumefatto al momento dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria il giorno successivo alla rapina, lo scontrino per l’acquisto dei guanti usati per il colpo e la presentazione di un alibi falso o comunque inattendibile. Anche gli altri motivi di ricorso sono stati rigettati: nessuna manifesta illogicità, secondo la Cassazione, né mancanza di motivazioni chiare.
L’Hasani con il rigetto del ricorso è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma pari a 3mila euro.