Figlia ‘rinnegata’ chiede il cambio del cognome: “Mio padre non mi saluta”. E i giudici le danno ragione

La storia di una diciottenne che si è rivolta al Tar. Alla fine è stato il Viminale a impugnare la sentenza di primo grado che le negava la modifica anagrafica. Ed alla fine è arrivato il sì del Consiglio di Stato
Nessun rapporto col padre da anni, addirittura quando lui la incontra per strada nemmeno le rivolge un saluto, e quando lo ha fatto in passato si è sempre mostrato scortese o anaffettivo. E inoltre quel cognome particolare le ha provocato anche numerosi problemi a scuola perché si presta “a sfottò e dileggio”, come si legge in sentenza, e divenuta maggiorenne la ragazza decide che è arrivato il tempo di chiudere col passato e andare avanti.
Dopo aver riflettuto a lungo, dunque, la ragazza chiede di poter cambiare il suo cognome e passare da quello paterno a quello materno in esclusiva, ma gli uffici di una prefettura regionale nel 2018 le negano tale possibilità. La ragazza però è determinata e impugna il diniego al Tar regionale di Firenze e ottiene ciò che desidera ma a quel punto è il Viminale che fa appello contro la sentenza di primo grado, rivolgendosi al consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada nei giorni scorsi hanno posto fine alla querelle giudiziaria pubblicando la storica sentenza che dà ragione in modo definitivo alla ragazza. Nel processo è infatti emerso che il padre, dopo la separazione ed il divorzio dalla madre, non si sarebbe mai preoccupato del suo sostentamento, né avrebbe avuto interesse ad instaurare con lei un rapporto di tipo affettivo, quale dovrebbe essere quello tra genitore e figlia, come recita la sentenza, il padre avrebbe tenuto sistematicamente, nei suoi confronti, un atteggiamento anaffettivo ed arrogante in occasione di incontri casuali verificatisi nel tempo, negandole perfino il saluto; la ricorrente aveva quindi sottolineato che la decisione di assumere il cognome della madre sarebbe maturata da tempo e si sarebbe consolidata negli anni, divenendo “ponderata e certa”, “per onorare l’impegno e la forza con cui la figura materna ha saputo compensare un vuoto e una ferita che avrebbero potuto causare conseguenze assai più dannose e cicatrici più profonde sulla mia persona e dentro di me”.
Parole dure, pesanti quella di questa ragazza che già il Tar di Firenze aveva analizzato e passato al vaglio dandole ragione. Scrive il consiglio di Stato in sentenza: “Nel caso di specie, la ricorrente in primo grado ha motivato la sua richiesta di attribuzione del cognome materno, in luogo di quello paterno che le è stato assegnato, ope legis, alla nascita, in quanto non rispondente alla sua identità di figlia. Nella richiesta ha ripercorso la sua vicenda personale, ha descritto la sofferenza derivante dall’incuria e dall’assenza del padre; il disagio derivante dal suo cognome, ritenuto ad essa estraneo e per di più ridicolo, oggetto di dileggio in ambito scolastico; il disinteresse del padre nei suoi confronti, al punto di privarla perfino del saluto”.
Le testimonianze e i documenti hanno convinto i giudici che il padre non si è mai occupato della figlia, né dal punto di vista materiale, né di quello affettivo. Il Viminale aveva proposto appello contro la sentenza del Tar adducendo motivi che non sono risultati fondati nel giudizio di secondo grado quindi ora la ragazza potrà cambiare cognome senza ulteriori impedimenti. La richiesta di cambiare il nome o il cognome non è così rara come si crede, può essere effettuata perché il cognome è considerato ridicolo o vergognoso, ma molto più spesso per cancellare un padre il cui ricordo ci provoca rabbia o vergogna ma fino al 2022 non c’era uniformità di giudizio e la sentenze più che altro consentivano di aggiungere il cognome della madre a quello del padre ma le recenti sentenze della corte Costituzionale e della Cassazione hanno modificato la cosiddetta giurisprudenza e questa del consiglio di Stato sul caso di una ragazza toscana andrà inevitabilmente a sommarsi alle precedenti pronunce della magistratura su tutti i casi simili in Italia. Il caso giudiziario, uno dei primi in Toscana, si è quindi concluso, tutto il resto ovviamente è ben altra cosa molto più complessa e delicata.