Nobildonna si rifiuta di saldare il debito con la banca: maxi ingiunzione da 9 milioni

L’imprenditrice di origini blasonate ha sempre sostenuto che l’istituto di credito a cui aveva chiesto 14 milioni avrebbe compiuto varie violazioni ma anche la Corte d’Appello le ha dato torto
Anche i ricchi piangono a volte, specie se non pagano i loro debiti, è quanto accaduto a una donna appartenente a una delle famiglie imprenditoriali più importanti di Lucca, che vanta anche origini nobiliari, e che ora dovrà pagare 8 milioni e 800 mila euro circa a un istituto di credito.
Così ha stabilito la corte d’Appello di Firenze al termine dell’iter giudiziario di merito del contenzioso milionario tra la nobildonna e imprenditrice lucchese e una banca. I giudici Ludovico Delle Vergini, Annamaria Loprete e Giuseppina Mastrodomenico, nella sentenza pubblicata il 12 settembre scorso hanno infatti condannato la donna al pagamento in favore della banca di 8.886.654 euro oltre interessi, più 47mila euro di spese legali per il primo grado e 50mila euro per il secondo.
Il prestito da 14 milioni
Alla base delle vicenda c’è una pratica molto usata nel commercio e nel mondo dell’imprenditoria in genere solo che a questi livelli le cifre diventano elevatissime. Tizio chiede in prestito alla banca x convinto per l’acquisto di beni o servizi y convinto di poterli poi rivendere magari al doppio ripagando il debito e trattenendo la differenza. Solo che in questo caso la cifra richiesta e ottenuta era di circa 14 milioni di euro e la donna successivamente si era rifiutata di restituirli ritenendo la banca responsabile di plurime violazioni della normativa a tutela del consumatore. La donna aveva chiesto il finanziamento per poi contestualmente investire in fondi, obbligazioni e azioni le somme ricevute per ricavarne un utile e saldare il debito ma ciò non sarebbe accaduto a suo dire per responsabilità dell’istituto bancario.
La battaglia nei tribunali
Già il tribunale di Lucca confermando il decreto ingiuntivo da oltre 10 milioni di euro aveva invece dato ragione alla banca e torto alla donna ma ora anche la corte d’Appello fiorentina è dello stesso avviso, chiudendo la fase giudiziaria di merito del contenzioso milionario. L’unica differenza con i colleghi di primo grado è la cifra del decreto ingiuntivo che per i giudici di secondo grado è inferiore, circa 8 milioni e 800 mila euro, a seguito di alcuni calcoli effettuati da un esperto incaricato dalla stessa corte d’Appello. La banca era riuscita a recuperare solo 4 dei 14 milioni di euro prestati alla donna vendendo un immobile di pregio in Versilia dato in garanzia al momento della stipula del contratto di finanziamento, ma non la restante parte, e per questo motivo aveva chiesto e ottenuto dal Tribunale di Lucca un decreto ingiuntivo da oltre 10 milioni di euro, ora ridotti a poco meno di 9 milioni dalla corte d’Appello. Infine per i giudici di secondo grado la donna “è proprietaria, oltre che di una villa di lusso in Versilia, di un complesso immobiliare del valore stimato di circa 70 milioni di Euro”, si legge in sentenza, e ora se non pagherà gli 8 milioni e 800 mila euro del nuovo decreto ingiuntivo rischia di vedersi pignorare altri immobili che rientrano nella sua disponibilità da parte della banca.
I giudici: “La banca non ha violato alcuna norma”
Concludono i giudici: “La Corte non ritiene che la banca abbia violato la normativa dal momento che la correttezza del suo comportamento risulta provata dalla documentazione depositata e in parte proveniente dalla stessa appellante”. Un singolare caso giudiziario che si è concluso nella sua fase di merito, resta la possibilità per l’imprenditrice lucchese di rivolgersi per questioni di legittimità alla suprema corte di Cassazione. Si vedrà.