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Cronaca
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Finisce a carte bollate l’accordo commerciale fra un’azienda della Piana e una multinazionale di Dubai

6 agosto 2023 | 13:45
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Finisce a carte bollate l’accordo commerciale fra un’azienda della Piana e una multinazionale di Dubai

Dopo la rescissione del contratto di agenzia è guerra in aula fra decreti ingiuntivi e conflitti di competenza. La questione ritorna al tribunale di Lucca

Le relazione commerciali tra la Lucchesia e gli Stati esteri sono da anni una voce importante del capitolo export del territorio e ci sono alcuni paesi dove per ammissione stessa di Confindustria Toscana nord si intende puntare per il futuro.

Tra questi gli Emirati Arabi rappresentano già circa un quinto dell’intero export regionale (1 miliardo di euro su oltre 5 miliardi l’anno), poi però i rapporti avviati vanno mantenuti nel tempo. Nel caso finito sul tavolo dei giudici della corte d’Appello di Firenze tutto quello che poteva andare storto è andato storto tra una società per azioni della Piana di Lucca e un colosso di Dubai, la capitale degli Emirati. L’attenzione per gli Emirati si è intensificata dopo Expo Dubai ed è alimentata da dati che indicano un progressivo incremento dell’export toscano verso il paese, quantificabile in un miliardo di euro l’anno. Fra i prodotti manifatturieri toscani che prendono la via degli Emirati prevalgono nettamente (due terzi del totale) i gioielli, ma anche le macchine per l’industria e il tessile -abbigliamento trovano i loro spazi (rispettivamente 10%, con una consistente presenza di prodotti dell’area Confindustria Toscana nord, e 5% del totale). Ma in questo caso le cose non sono andate come previsto.

La storia e la sentenza

Tutto parte nel 2011 quando la società lucchese riesce a chiudere un accordo importantissimo con una multinazionale di Dubai firmando da un notaio un contratto di agenzia, uno dei metodi principali quando si vuole cercare di “entrare” in un mercato estero. Il contratto di agenzia infatti è quello in cui “una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. Per il Medio Oriente la società della Piana di Lucca da quel momento ha come partner per sponsorizzare i suoi prodotti una delle multinazionali più floride degli Emirati Arabi.

I presupposti erano a dir poco strabilianti per aumentare il business in zone tra le più appetibili al mondo e tutto procede a gonfie vele con grande ritorno di immagine anche per la Lucchesia e con sviluppi futuri senza limiti anche per altre realtà locali. Nuove vie si erano aperte in quegli anni.

Ma dopo solo 3 anni qualcosa inizia a non funzionare e la multinazionale di Dubai ottiene la cessazione dell’accordo, a seguito di disdetta, nel maggio del 2014. Qualcosa è andato veramente storto ma il peggio doveva ancora venire per la società lucchese. Nel 2017 la multinazionale araba ottiene dal tribunale di Lucca un decreto ingiuntivo per circa 55mila euro di provvigioni non pagate, a suo dire, nei confronti della ditta della Piana che si oppone chiedendo a sua volta oltre 180mila euro nella domanda riconvenzionale in giudizio, per servizi e titoli non riscossi, secondo la tesi contraria. Nel 2019 il decreto ingiuntivo opposto veniva revocato e dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore del tribunale di Dubai, come richiesto dalla società della Piana. I rapporti tra le due società si sono logorati a tal punto da finire in tribunale con tutte le conseguenza facilmente intuibili e immaginabili che vanno al di là delle decisioni dei giudici. Ma c’è di più.

A quel punto è la società di Dubai a proporre appello contro la sentenza del tribunale di Lucca e nei giorni scorsi è arrivata la decisione della corte d’Appello di Firenze che accogliendo le richieste della ditta straniera ha rimesso le parti al tribunale di Lucca dichiarando la giurisdizione del giudice italiano. Ma quando si finisce in aula spesso ci sono spese da pagare e i giudici di secondo grado hanno anche condannato la società della Piana a 24mila euro di spese legali in totale, tra primo e secondo grado di giudizio, cioè quasi la metà della somma indicata nel decreto ingiuntivo.

Insomma l’accordo commerciale è saltato e al momento pendono sulla testa della ditta lucchese il decreto ingiuntivo da 55mila euro, le spese legali da 24mila euro, e un nuovo procedimento giudiziario che dovrà svolgersi davanti ai giudici di Lucca con altre spese “in agguato”.

Un affare non proprio andato a buon fine come da premesse e intenzioni. Ed è forse il caso di dire che gli organi istituzionali o di categoria dovrebbero affiancare le imprese italiane nelle trattative con aziende straniere non solo nella fase iniziale o progettuale.