Prelievi fraudolenti dal conto, la banca condannata a risarcire il cliente

Il giudice di pace di Lucca ha dato ragione a un uomo truffato via telefono da un finto operatore: l’istituto restituirà 5mila euro e pagherà le spese legali
Banca cittadina condannata a risarcire un cittadino lucchese per prelievi fraudolenti che aveva subito.
Per il giudice di pace l’istituto di credito non avrebbe posto in essere tutte le tutele dovute per evitare questo tipo di fenomeni, o comunque non quelle ritenute indispensabili e necessarie. La banca ora dovrà restituire all’uomo circa 5mila euro.
Nel mese di ottobre del 2021 in pochi minuti erano stati infatti effettuati prelievi dal suo conto corrente per l’intero massimale mensile, esattamente 4925 euro. Dopo aver ricevuto una telefonata nella quale l’operatore a conoscenza dei dati del conto, personali e della carta, gli aveva detto di essere un addetto ai controlli e che erano in corso movimenti anomali sul suo conto, l’uomo, fidandosi proprio per la mole di cose che erano già a conoscenza dell’operatore procedeva al controllo con l’app della banca del suo conto. Così facendo però si era esposto al furto di dati che era poi l’intenzione reale dei truffatori, cioè fargli digitare i codici mentre erano al telefono, evidentemente. Ma non risultavano in quel momento movimenti anomali.
Dopo pochi minuti, insospettito, però l’uomo aveva verificato nuovamente il suo conto corrente, dopo aver chiuso la telefonata con il truffatore, scoprendo stavolta l’ammanco di quasi 5mila euro. L’uomo a quel punto aveva prima contattato la sua banca e successivamente il suo legale di fiducia, l’avvocato Piefrancesco Petroni che commenta la sentenza di oggi (6 luglio) del giudice di Pace di Lucca: “Secondo il cliente la banca era responsabile in quanto l’altrui accesso abusivo nel sistema dimostra la mancanza di adeguati standard di sicurezza, tra cui quello tanto banale quanto comune che consiste nell’incrocio dei dati tra parole d’ordine, statiche o dinamiche che esse siano, e dispositivo di provenienza, con blocco dell’operatività in caso di mancata corrispondenza (sistema di sicurezza a tripla chiave: password per accedere, password per disporre e controllo del dispositivo di provenienza dell’accesso e della disposizione), e che comunque la banca, in caso di contestazione sulla riferibilità dei prelevamenti al cliente, è tenuta a fornire la prova dell’effettiva riferibilità di tali operazioni al cliente stesso, citando a supporto le sentenze di Cassazione 26196/2020, 2950/2017, 18045/2019”.
E così è stato. Il giudice ha condannato la banca a restituire i soldi al cliente e anche a 1300 euro di spese legali.