Stop alle restrizioni Covid nell’estate 2020: non è dovuta la restituzione dell’affitto della villa di lusso

Una donna di origini russe aveva chiesto la restituzione di quanto versato per i due mesi di luglio e di agosto: la Corte d’Appello le ha dato torto
Nell’annus horribilis 2020 cioè quando il Covid faceva davvero paura e quando il primo lockdown era stato decisamente pesante e restrittivo, in piena estate in Italia si riaprì tutto, con le conseguenze che tutti conosciamo e che abbiamo subito a vari livelli.
Eppure lo scorso anno i giudici di primo grado avevano ordinato a un noto professionista del settore della ristorazione a restituire a una cittadina di origini russe ben 35mila euro. Di diverso avviso la corte d’Appello di Firenze che invece ribaltando la sentenza di primo grado ha dato ragione al professionista toscano e torto alla donna russa condannandola anche a circa 7mila euro di spese legali e di giudizio.
Ma procediamo con ordine. Nel novembre del 2019 l’uomo aveva concesso alla donna in locazione una villa a Forte Dei Marmi, per due mesi, esattamente dall’1 luglio al 31 agosto del 2020 e per l’importo complessivo di 67500 euro. Una cifra consistente ma questi sono i prezzi per certi immobili di pregio in Versilia. La donna però nel giugno del 2020 chiedeva la risoluzione del contratto e dopo un tentativo di mediazione non andato a buon fine decideva di rivolgersi al tribunale di Lucca perché a suo dire le era stato impossibile raggiungere l’Italia per divieti derivanti dal Covid. Inoltre esponeva di aver corrisposto anticipatamente la somma di 55mila euro, di cui 20mila a titolo di caparra.
Non avendo fruito dell’immobile a causa della pandemia, chiedeva ai giudici cittadini che il locatore fosse condannato alla restituzione della intera somma versata o, quanto meno, della somma di 35mila euro, sottraendo dalla cifra versata la sola caparra. E in primo grado il tribunale cittadino accogliendo il suo ricorso condanna l’uomo a trattenere solo la caparra e a restituire alla donna 35mila euro. Per la donna infatti, secondo quanto emerso dai resoconto giudiziari “costituiva fatto notorio che nell’estate del 2020 anche la Versilia era stata interessata dalla pandemia da Covid ed era altrettanto noto che l’emergenza sanitaria era stata fronteggiata con misure drastiche (chiusura totale delle attività commerciali di diretto contatto con il pubblico) e con misure precauzionali (distanziamento e mascherina)”.
Ma è nota, invece, la riapertura di tutto nell’estate del 2020. Con la sentenza a firma dei giudici Afeltra, Reggiani e Breggia, del 21 giugno scorso, la Corte d’Appello di Firenze, infatti, ha completamente ribaltato il verdetto di primo grado rigettando in toto le richieste originarie della donna e dando ragione assoluta all’uomo. I termini per esercitare il diritto di recesso erano scaduti il 31 maggio del 2020 e la domanda di risoluzione del contratto del mese di giugno dello stesso anno è stata giudicata infondata.
La donna sarebbe potuta venire in Italia tranquillamente i quei mesi, dovendo solo rispettare i vincoli relativi al distanziamento e all’uso della mascherina, all’epoca dei fatti non c’erano ancora né vaccini né green pass, e la donna infatti, da accertamenti processuali, è venuta in Italia a giugno, luglio e ottobre del 2020.
Conclude infatti la sentenza della Corte d’Appello fiorentina: “In totale riforma della sentenza gravata rigetta sia la domanda principale sia la domanda subordinata avanzate in primo grado”. L’uomo era difeso dall’avvocato Federico Gennari, la donna dall’avvocato Oxana Tomchuk. Queste le decisioni nel merito del contenzioso da parte dei giudici del distretto fiorentino.