Cocaina a fiumi da Napoli a Lucca: condannato il figlio di un boss della camorra

Il 40enne originario di Torre Annunziata riconosciuto colpevole anche dalla Cassazione: è in carcere per omicidio
Figlio di un boss della camorra condannato per traffico di sostanze stupefacenti in via definitiva dalla Corte di Cassazione.
Nelle more del procedimento giudiziario avviato dalla procura di Lucca per un vorticoso giro di droga tra la Lucchesia e la Versilia di alcuni anni fa, l’uomo è stato condannato a 30 di reclusione per un omicidio aggravato dal metodo mafioso dal gup del tribunale di Napoli e precedentemente a 10 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso. Per stabilire quindi la pena totale che dovrà scontare bisognerà attendere l’esito definitivo di tutti i processi a suo carico e il verdetto successivo del giudice dell’esecuzione.
Nell’operazione Intercity, a cura degli investigatori e inquirenti lucchesi, il 40enne originario di Torre Annunziata per conto del padre e insieme al fratello (ritenuti tutti vicini al clan Gionta)trasportava cocaina da Napoli a Lucca per poi organizzare la rete di spaccio soprattutto in Versilia, dove il suo clan camorristico di riferimento aveva un forte insediamento proprio legato al traffico di stupefacenti.
Nel 2010 il padre era stato arrestato dopo un periodo di latitanza e anche lui nel 2016 dopo alterne vicende e un periodo di irreperibilità era finito in manette per diversi ordini di cattura tra la Toscana e la Campania. Nel processo per lo spaccio di droga in Lucchesia e in Versilia è stato condannato insieme ad un 33enne di Viareggio. Nel suo curriculum giudiziario ci sono anche dei risarcimenti per ingiusta detenzione per aver scontato pene per dei reati, in particolare due omicidi, da cui è stato poi assolto. L’ultimo di questi riguarda l’uccisione di Santo Tutti, ras emergente della camorra corallina, che venne assassinato in una pizzeria di via Litoranea a Torre del Greco. Per quel delitto ottenne l’assoluzione dalla Corte d’Assise di Napoli e un lauto risarcimento. Il padre era stato arrestato proprio dalla squadra mobile di Lucca nel 2010. Esponente camorristico del napoletano, gravitava in quel periodo proprio nella provincia di Lucca. A far scattare le manette dopo una lunga e complessa indagine congiunta, erano stati gli uomini delle squadre mobili delle questure di Firenze e Lucca. Il boss era destinatario di ordinanze di custodia in carcere per associazione a delinquere di stampo camorristico finalizzata alla commissione di omicidi, estorsioni e traffico di stupefacenti, nonché per traffico e spaccio di ingenti quantitativi di droga che gestiva secondo i giudici grazie a due dei tre figli che si erano trasferiti in Versilia per gestire il traffico di stupefacenti, soprattutto cocaina.
A testimonianza ennesima delle presenza di mafiosi, ndranghetisti e camorristi a Lucca e in provincia sia negli anni passati sia attualmente come testimoniano i dati a disposizione della Dia e i tanti procedimenti giudiziari ancora aperti e le indagini in corso. Il pericolo, a queste latitudini, come sottolineato da più fonti ufficiali è che la criminalità organizzata, partendo dall’enorme mole di denaro che raccoglie grazie alle droghe possa infiltrarsi nell’economia sana del territorio in modi sempre più sofisticati sia per riciclare il denaro sporco sia per diversificare gli affari. E il business per le mafie viene sempre al primo posto e costi quel che costi.