Pagata 62 centesimi l’ora: dipendente assunta fa causa e ottiene il risarcimento

Faceva le pulizie in un ristorante. Il Tribunale ha accolto il ricorso e condannato il titolare della società

Lavora per un ristorante di Lucca come operaia (pulizie) a tempo determinato ma alla fine delle 175 ore lavorative riceve solo 280 euro, cioè 0,625 euro (62 centesimi) all’ora, e fa causa al proprietario, il tribunale di Lucca accoglie il suo ricorso e condanna il ristoratore a pagarle le differenze retributive. La donna, di origini straniere, regolarmente in Italia, dopo aver terminato il lavoro pattuito non ha accettato altre chiamate nel 2019 e l’anno successivo non riuscendo ad ottenere le somme dovute ha fatto causa al suo ex datore di lavoro e ieri (25 maggio) il Tribunale cittadino ha pubblicato la sentenza, a firma del giudice Antonella De Luca, che le ha dato ragione in toto.

La sussistenza del rapporto di lavoro è stata provata dalla donna producendo la lettera di assunzione con cui si formalizzava il rapporto di lavoro a tempo determinato per 10 ore settimanali. Inoltre ha prodotto copia di taluni messaggi whatsapp intercorsi con il titolare dell’esercizio commerciale presso cui lavorava, in cui lo stesso ammette di essere debitore nei suoi confronti del pagamento delle retribuzioni. Ma soprattutto le testimonianza hanno fatto la differenza in aula durante il processo. Si legge infatti in sentenza: “Ebbene dalle dichiarazioni rese dai testimoni, della cui attendibilità non vi sono ragioni per dubitarne attesa la coerenza logica e la mancanza di un evidente interesse personale, confermano tanto la sussistenza del rapporto di lavoro del ricorrente alle dipendenze della società convenuta quanto il ruolo e l’orario lavorativo dalla stessa svolto. Il convenuto, sebbene regolarmente notificato, non si è presentato a rendere l’ammesso interrogatorio formale senza addurre alcuna giustificazione”.

Il titolare della società che gestiva il ristorante nella prima periferia cittadina è stato condannato a pagare circa 1500 euro di differenze retribuite e 1300 euro di spese di lite e di giudizio. Conclude infatti la sentenza: “A fronte degli elementi acquisiti per come sinora descritti, deve considerarsi assolto l’onere probatorio in capo alla ricorrente e alla stesso andrà riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato con orario come articolato in ricorso con conseguente corresponsione delle differenze retributive senza necessità di procedere a consulenza tecnica attesa la chiarezza dei conteggi depositati”. La donna è stata difesa dall’avvocato Alberto Belli.