Riconosce il figlio dopo 16 anni: condannato a 160mila euro per il mantenimento

L'uomo non si sarebbe mai occupato del ragazzo per 22 anni

Riconosce il figlio solo dopo 16 anni e si disinteressa per oltre 20 anni di lui e della madre, ora dovrà pagare oltre 160mila euro di quote di mantenimento mai versate e i danni al ragazzo

In 22 anni ha visto il figlio 7-8 volte contribuendo al suo mantenimento con circa 8mila euro. Ora il Tribunale di Firenze, competente per residenza attuale, ha condannato l’uomo originario di un comune della Versilia, a pagare il dovuto. Un conto decisamente salato che ammonta a oltre 160mila euro.

Circa 85mila euro alla madre di suo figlio per quote di mantenimento mai versate negli anni passati e 80mila euro al figlio per danni non patrimoniali. Queste in sintesi le decisioni del giudice Massimo Donnarumma che con la sentenza pubblicata nei giorni scorsi ha posto fine al processo di primo grado per illecito endofamiliare avviato a seguito di denuncia della donna e del giovane, che ha mantenuto il solo cognome materno.

Nel 1997 i due iniziano una relazione sentimentale dalla quale nel 2001 nasce un figlio ma poco dopo la sua venuta al mondo l’uomo li abbandona entrambi interrompendo la relazione, riconoscendo la sua paternità solo nel 2017. Nel frattempo sparisce di fatto dalla vita della donna e del figlio, disinteressandosi completamente del destino dei due, come emerge dalle carte processuali. Fino all’interrogatorio in aula del ragazzo nel 2020 quando era maggiorenne, l’uomo stando alla sentenza avrebbe visto il figlio circa 8 volte in 20 anni e versato alla madre circa 8mila euro. Nient’altro. Decisamente al di sotto degli obblighi previsti dalla legge sia per quanto riguarda il mantenimento sia per tutte le altre prescrizioni della normativa sulla famiglia.

La donna cresce il figlio da sola, da tutti i punti di vista, e solo i nonni paterni hanno rapporti continuativi col ragazzo ma poi muoiono entrambi. L’uomo aveva anche a disposizione, sempre secondo la sentenza, un cospicuo patrimonio mobiliare e immobiliare anche a seguito dell’eredità dopo la morte dei suoi genitori e come “scusa” per non essersi occupato del figlio e per non aver contribuito al suo mantenimento (circostanze ammesse in aula) esibisce certificati e documenti che attesterebbero un suo forte stato depressivo a seguito della semiparalisi di un arto, tanto da risultare assunto tra le categorie protette.

Ma per i giudici fiorentini la sua condizione non gli ha impedito di lavorare e di svolgere una vita autonoma e indipendente e quindi ora lo hanno condannato a “pagare i conti” dopo aver stabilito le sue condotte illecite. Si legge infatti molto chiaramente in sentenza: “In definitiva, l’uomo va condannato alla corresponsione, in favore della donna e madre di suo figlio, della somma di  84450 euro a titolo di rimborso delle spese vive e della quota parte del contributo al mantenimento, a fronte degli esborsi sostenuti dall’attrice in via esclusiva almeno sino al maggio 2021. Debbono inoltre ritenersi sussistenti tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano dedotto dal figlio (danno non patrimoniale). Il rispetto della dignità e della personalità di ogni componente il nucleo familiare assurge a rango di diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia, ovvero di un terzo, rappresenta il presupposto logico della responsabilità civile. Tra le ipotesi di illecito endofamiliare si annovera proprio quello da privazione del rapporto genitoriale, in cui soggetto attivo è il genitore che ometta di svolgere il ruolo scelto con la procreazione e soggetto passivo è il figlio, costretto a rinunciare, senza sua colpa, ad uno dei genitori. La lesione è, perciò, riconducibile nell’alveo del danno esistenziale nella misura di 80mila euro”.

L’uomo è stato condannato anche a circa 14mila euro di spese di lite e di giudizio.