Pisa in silenzio per il funerale di Barbara Capovani uccisa barbaramente

Per il suo presunto assassino era stato chiesto un Tso e un ricovero in Rems
Lutto cittadino a Pisa, serrande abbassate e luci spente, nel giorno, oggi, dei funerali di Barbara Capovani, la psichiatra del Santa Chiara uccisa.
Una cerimonia in forma privata nell’aula magna del palazzo della Sapienza, sede dell’Ateneo pisano, come richiesto dalla famiglia, a cui hanno partecipato colleghi e amici stretti per dare l’ultimo saluto alla dottoressa 55enne presa a sprangate da Gianluca Paul Seung, ora in carcere con l’accusa di omicidio premeditato, all’uscita del lavoro davanti all’ospedale Santa Chiara, colpita brutalmente alla testa e al volto per almeno 10 volte e deceduta a Cisanello dopo che i medici, anche con un intervento chirurgico, hanno tentato di salvarle la vita.
Il 3 maggio, invece, è prevista una fiaccolata.
Intanto per il presunto omicida, ristretto nel centro sanitario dell’istituto penitenziario Don Bosco, sia il gip che la procura della città della Torre hanno incaricato due consulenti, Renato Ariatti e Rolando Paterniti, per effettuare le perizie psichiatriche.
Per Seung, che era sotto libertà vigilata, misura questa che sarebbe scaduta il prossimo mese di maggio, circa un mese prima dell’aggressione a Barbara Capovani, era stata fatta richiesta per un Tso (trattamento sanitario obbligatorio) da parte della questura di Lucca. Proprio negli uffici lucchesi, a marzo scorso, l’uomo era andato per presentare una delle sue innumerevoli, e farneticanti, denunce che da anni inoltrava ovunque e contro chiunque, e dopo che aveva seminato del caos, fu denunciato e mandato via. La richiesta di Tso fu inviata all’Asl e la sua attuazione era in “itinere”, era anche stato nominato come amministratore di sostegno un legale, che poi ha rifiutato la nomina. Senza contare che, in uno degli ultimi processi al tribunale di Lucca, per un’aggressione a un vigilante, era stato assolto in base a una perizia psichiatrica che lo aveva dichiarato incapace di intendere e volere ma il giudice, accertata la pericolosità sociale, aveva chiesto un ricovero in una struttura apposita. Un iter iniziato, ma ancora non portato a termine che, forse, avrebbe potuto salvare la vita al medico.