Basaglia tra vittime e carnefici. Bruzzone: “Legge di civiltà, ma rimasta sulla carta”

Il dramma e la mancanza di sicurezza per i congiunti dei malati
L’omicidio della psichiatra Barbara Capovani, per il quale è stato fermato e messo in carcere Gianluca Paul Seung, paziente psichiatrico, tira in ballo la legge Basaglia. Un provvedimento che si sta rivelando, non per colpa della legge stessa, un fallimento.

Non sono state realizzate tutte quelle strutture che avrebbero permesso di seguire i malati. Ne conseguono disagi all’interno delle carceri, nei reparti ospedalieri di Psichiatria ma, soprattutto, all’interno delle famiglie. I malati non devono pesare sui propri congiunti. Non è accettabile che un padre, una madre o dei fratelli, debbano assistere alle crisi dei loro parenti. Ne vale della loro incolumità. Una tragedia sociale. Sempre a Pisa, poco tempo fa, un medico neurologo, in pensione, che passava per caso per la strada, fu ucciso da un paziente psichiatrico, che lo prese a pugni. Su questo delicatissimo tema abbiamo il parere della nota psicologa forense e criminologa Roberta Bruzzone.
Lei cosa ne pensa della chiusura dei manicomi?
“La Basaglia è stata una legge di civiltà. I malati, prima, venivano rinchiusi in luoghi fatiscenti. Costretti a vita a stare dentro a strutture. La legge non prevedeva di “lasciare liberi i matti”. Ha consentito la chiusura dei manicomi, l’abbattimento delle “segregazioni”, ma non ha affatto stabilito l’abbandono di chi ha problemi psichici”.
Si parlava di fallimento, cosa non ha funzionato e non funziona?
“Il passaggio di consegne non è stato mai eseguito. Ossia la presa in carico dei malati da parte di strutture idonee. La legge, in pratica, non è stata applicata”
Dopo un Tso (trattamento sanitario obbligatorio), o un Aso (accertamento sanitario obbligatorio), le persone con problemi psichiatrici vengono restituite alla famiglia. Spesso con responsabilità più grandi di quanto si possa immaginare. Non crede che si possa mettere a rischio la tutela della salute e della sicurezza pubblica?
“E’ la Salute Mentale pubblica che deve prendersi carico dei malati e seguirli. Ovviamente non tutti, ma quelli che sono ritenuti socialmente pericolosi. Sia per sè che per gli altri. Una questione, purtroppo, e molto seria, è che ci sono pochi operatori. Nei casi di cronaca, ricorrenti, dove si chiede l’intervento di polizia o carabinieri, in ausilio al personale medico, occorrerebbe una formazione specifica per le forze dell’ordine, seminari e un addestramento ad hoc. I fatti che emergono solo la punta di un iceberg, ma il resto è paragonabile ad una vera e propria polveriera”
Mario Tobino, medico psichiatra e scrittore, fu uno degli oppositori alla legge 180 del maggio 1978, che impose la chiusura dei manicomi. Tanto da essere tacciato come retrogrado e conservatore. Dalla sua esperienza che tesi sostiene?
“Assolutamente a favore della Basaglia, che ripeto è stata una legge doverosa e nobile L’obiettivo era quello di ridare dignità ai pazienti psichiatrici, eliminando le costrizioni. Impensabile essere rinchiusi in un manicomio e non poterne uscire più”.
Le Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) avrebbero dovuto sopperire gli Opg, ospedali psichiatrici giudiziari…
“Le Rems sono poche, le liste di attesa per essere inseriti sono lunghissime, il personale è sotto organico. Aggiungo anche che dai dati clinici in Italia ci sono 18 milioni di persone sotto psicofarmaci, soprattutto per problemi di ansia e depressione. Chi pensa a loro?”