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“Affaire” di 8 tonnellate di cocaina dal Sudamerica, maxi condanna per due

9 marzo 2023 | 18:00
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“Affaire” di 8 tonnellate di cocaina dal Sudamerica, maxi condanna per due

Contatttarono in un bar di Altopascio l’arrivo di un container

Processo Stammer, condannati a pene pesanti i due emissari di alcuni potenti e feroci clan di ‘ndrangheta che nel 2015 si erano incontrati in un bar di Altopascio per definire, insieme a un narcos colombiano, Jota Jota, deceduto nel 2020, l’arrivo al porto di Livorno di un container con a bordo ben 8 tonnellate di cocaina pura proveniente dal Sudamerica.

Si tratta di Domenico Lentini e Antonio Varone, condannati rispettivamente a 17 anni e a 15 anni di reclusione dalla corte d’appello di Catanzaro nei giorni scorsi, dopo il rinvio da parte della suprema corte di Cassazione che lo scorso anno aveva chiesto di rivedere alcune posizioni e alcune condanne. Uno degli imputati infatti è stato assolto e altri hanno visto la loro condanna diminuire anche se di poco.

Il maxiprocesso della Dda di Catanzaro che è stato suddiviso poi in vari filoni processuali per le diverse scelte degli imputati, e che mirava a stroncare un mega business criminale che avrebbe dovuto portare in Italia, tra Livorno e Gioia Tauro, tonnellate di cocaina dalla Colombia, sta reggendo in tutte le fasi di giudizio e nei diversi filoni.

Le indagini culminate con un maxi blitz nel 2017 a un certo punto avevano portato il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri a lavorare insieme ai colleghi della Dda di Firenze, perché seguendo le tracce proprio di due imputati, Lentini e Varone, si era arrivati anche ad alcune videoriprese degli investigatori in un bar di Altopascio dove si era discusso delle ultime fasi operative dell’attracco di un container pieno della cocaina colombiana e si era scelto proprio il Comune della Lucchesia, verosimilmente per non dare nell’occhio rispetto alla più controllata città di Livorno. L’importo di cocaina fu poi impedito e la nave bloccata in Sudamerica.

L’incontro ad Altopascio video ripreso dagli investigatori nel 2015 su mandato della Dda

Dalle indagini erano venuti fuori molti altri particolari e vicende e in varie direzioni a ennesima conferma che quando si parla di cocaina in Italia si parla soprattutto di cosche e clan di ‘ndrangheta  e che la Toscana è al centro di molti interessi da parte di boss e picciotti. Scrivevano i giudici della Cassazione in riferimento agli incontri avvenuti ad Altopascio: “In particolare, in ordine alla vicenda oggetto del capo di imputazione, la prima sentenza d’appello ha ricordato che la figura di Domenico Lentini è emersa il 16 agosto 2015, allorquando egli è stato ripreso dalle telecamere in un bar di Altopascio, in provincia di Lucca, dove l’imputato si è incontrato con Jota Jota e Antonio Varone, venendo nell’occasione immortalato un passaggio di fogli tra Jota Jota e Lentini, il quale subito dopo è andato via a bordo della sua autovettura, mentre i due colombiani e Varone sono poi ripartiti alla volta della Calabria. Il senso della consegna dei fogli è stato chiarito dalla scansione degli avvenimenti dei giorni precedenti, dovendosi rammentare che la nave con il carico di cocaina era partita il 2 agosto 2015 dal porto colombiano di Turbo. Occorrendo 15 giorni per l’arrivo della nave, dopo la partenza Salvatore Pititto (condannato definitivamente a 15 anni di reclusione), Antonio Varone e John Peludo si sono attivati per ricevere un’informazione essenziale, ovvero quella sul container dove era occultata la droga. Questa informazione è stata portata in Italia direttamente da Jota Jota, il quale è arrivato all’aeroporto di Fiumicino la sera del 16 agosto 2015: al suo arrivo erano presenti John Peludo e Varone, con i quali Jota Jota si è diretto in macchina fino ad Altopascio, dove è avvenuto l’incontro con Lentini alle tre di notte.  Dunque, il foglio consegnato a Lentini non poteva che essere il documento che conteneva le informazioni sulla collocazione del container con all’interno le scatole contenenti il carico di cocaina, documento della cui importanza e del cui imminente arrivo aveva parlato anche Salvatore Pititto nella conversazione intercettata il giorno prima dell’arrivo di Jota Jota in Italia”. Fatti divenuti verità processuali.

Conclusioni

L’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, era scattata il 24 gennaio 2017 su indagini condotte sul campo dal nucleo di polizia tributaria e dal Gico della guardia di finanza di Catanzaro. Gli imputati sono stati accusati e processati, a vario livello e titolo, di aver preso parte a diverse importazioni di cocaina dal Sudamerica. Le indagini avevano in particolare consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, composta da diversi sodalizi criminali, uniti tra loro come sempre per portare a compimento i loro business criminali, riconducibili a diversi clan di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, della provincia di Crotone e di Vibo Valentia. Clan calabresi assolutamente a loro agio nel contrattare direttamente con i cartelli sudamericani l’importazione anche di 8 tonnellate di cocaina in un solo viaggio. A dimostrazione della loro capacità di relazionarsi con i cartelli sudamericani che in Europa è unica, nessun’altra organizzazione criminale può vantare rapporti così stretti con i narcos. Questo processo inoltre dimostra anche la ormai assodata espansione della ‘ndrangheta in altre regioni d’Italia come la Toscana e l’episodio del bar di Altopascio la dice lunga in merito. Nel 2021 per la Dcsa (Direzione centrale servizi antidroga) solo tra la Calabria e la Toscana sono stati sequestrati oltre 18 tonnellate di sostanze stupefacenti per un controvalore in euro di oltre 2 miliardi, in contanti e quindi non rintracciabili se poi immessi nell’economia “normale”, e se si pensa che il quantitativo non intercettato sarebbe almeno il doppio, si comprende bene di che “potenza” economica e organizzativa stiamo parlando, oltre che criminale. E la Lucchesia e la Toscana non sono affatto immuni a questo fenomeno così pervasivo e esteso.