La confessione del killer pentito: l’omicidio Chimenti a Livorno fu ordinato dal clan Musumeci di Viareggio

L’esecuzione fu ordinata per alcuni comportamenti non graditi al gruppo criminale. Tre a processo: il 74enne Del Vivo, esecutore materiale, ha iniziato a collaborare con la giustizia
L’omicidio Chimenti a Livorno, secondo l’accusa, fu ordinato dal clan Musumeci di Viareggio, oltre 20 anni fa, ora per la Cassazione si può procedere con il processo vero e proprio dopo aver espresso parere definitivo sulle esigenze cautelari degli indagati.
Operazione Garuffa, dopo l’annullamento con rinvio ad altra sezione del riesame di marzo 2022, ora la Cassazione ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare per uno dei tre indagati per concorso in omicidio. Per il secondo indagato, invece, sempre per gli ermellini regge solo l’accusa di usura aggravata, mentre per il terzo uomo che materialmente ha commesso il delitto si procederà tenendo conto che ha iniziato a collaborare con la giustizia.
Un caso di omicidio che sembrava risolto, era stato riaperto dal blitz della Dda fiorentina del 2021. Sullo sfondo della vicenda delittuosa erano ritornati in ballo “il clan della Versilia” dell’epoca. Si è trattato per gli inquirenti di una vera e propria esecuzione criminale avvenuta a Livorno oltre 20 anni fa. Alfredo Chimenti (detto “cacciavite”) fu freddato a colpi di pistola la mattina del 30 giugno del 2002 in piazza Mazzini, tra le 4,30 e le 5. Il 47enne fu ucciso in un vero e proprio agguato con alcuni colpi di pistola che lo raggiunsero all’addome. Il 13 settembre del 2021, i carabinieri su ordine della Dda fiorentina avevano arrestato tre persone per omicidio premeditato in concorso: si trattava dei livornesi Riccardo Del Vivo, 74 anni, esecutore materiale dell’omicidio, che esplose i cinque colpi di arma da fuoco contro Chimenti; Massimo Antonini, classe 1957, il complice che avrebbe accompagnato il killer in sella ad un motoveicolo nei pressi della casa della vittima, in piazza Mazzini; Gionata Lonzi, 53 anni, che avrebbe procurato a Del Vivo la pistola, un revolver calibro 38 sapendo a cosa serviva. Tutto questo secondo l’accusa.
La suprema corte di Cassazione dopo aver rinviato lo scorso anno gli atti al tribunale del riesame ora ha deciso che per Antonini regge l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nel 2021 per concorso in omicidio, mentre per Lonzi restano valide ai fini cautelari le accuse di usura aggravata. Queste le decisioni dei giudici di piazza Cavour che con la sentenza pubblicata ieri (13 febbraio) hanno chiuso la fase cautelare del procedimento giudiziario in corso che proseguirà attraverso tutti i vari iter al fine di fare chiarezza definitiva sull’omicidio Chimenti.
Il collaboratore di giustizia Del Vivo che si è autoaccusato del delitto aveva precisato alla Dda che le ragioni dell’omicidio erano da ricondurre ad una serie di condotte tenute da Chimenti non gradite al gruppo criminale a lui riconducibile, il clan Musumeci di Viareggio. I giudici della fase cautelare hanno ritenuto le dichiarazioni di Del Vivo “munite di credibilità soggettiva e di intrinseca attendibilità oggettiva, indicando anche i riscontri che consentono di attribuire piena attendibilità al collaborante”, come si legge anche nella sentenza della Cassazione. Il procedimento giudiziario dunque continua.