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Cronaca
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Confermati i sequestri di beni per oltre 5 milioni di euro al clan Grande Aracri

19 gennaio 2023 | 14:30
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Confermati i sequestri di beni per oltre 5 milioni di euro al clan Grande Aracri

Il provvedimento della Cassazione contro Francesco Saporito che per l’accusa acquistava terreni e immobili per la cosca

Definitivi i sequestri di beni per oltre 5 milioni di euro a Francesco Saporito, l’uomo che per la Dda di Firenze faceva acquisti di terreni e immobili in Toscana per contro del potente clan di ‘ndrangheta Grande Aracri, lo stesso del processo Keu, e altri in regione.

I beni dopo la sentenza della suprema corte di Cassazione sono passati dunque da sequestrati e a confiscati e sono divenuti proprietà dello Stato che potrà disporne attraverso l’agenzia nazionale dei beni confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc). L’uomo indagato per riciclaggio aggravato dal metodo mafioso è tuttora sotto processo ma i beni che seguono un altro iter giudiziario non sono più in suo possesso perché la Cassazione ne ha sancito in via definitiva la provenienza illecita. La criminalità organizzata calabrese da anni ormai fa affari in Toscana nel tentativo di riciclare l’enorme quantità di denaro contante proveniente dal traffico di droga per infiltrarsi nell’economia sana regionale, e lo fa senza rumore, nella speranza di passare inosservata, e a volte ci riesce. Non in questo caso.

L’uomo per i giudici avrebbe impiegato nella propria attività agricola denaro per un importo di almeno 1.500.000 euro, riconducibile ai traffici dell’organizzazione criminale capeggiata dal boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri e della cosca alleata di Petilia Policastro. I sigilli della Dia di Firenze erano scattati su richiesta della Dda per porzioni immobiliari di tipo rurale ubicate a Chiusdino, nel Senese, acquistate nell’agosto 2007, e consistenti in un fondo agricolo in unico corpo, con sovrastanti alcuni vecchi fabbricati ed annessi rurali, per una consistenza catastale di oltre 350 ettari ed un valore commerciale complessivo di oltre 5 milioni di euro.

In particolare, Saporito, quale acquirente, secondo i giudici, con la mediazione di Commisso, che sarebbe stato incaricato dalla cosca di sovrintendere ai propri interessi in territorio toscano, avrebbe stipulato un contratto d’acquisto dei terreni con destinazione agricola versando alla titolare della società cooperativa agricola San Galgano, venditrice, oltre alla somma concordata, 1,5 milioni in contanti che Saporito avrebbe dovuto investire per conto del clan. Il pentito Muto sostiene, agli atti del procedimento giudiziario, che Saporito aveva acquistato l’azienda agricola San Galgano “almeno in parte con denaro delle cosche Grande Aracri e Manfreda di Petilia Poicastro e vi era un’azienda agricola vicino all’abbazia di fatto gestita e acquistata con investimenti in denaro dei clan”. Si legge infatti in sentenza: “In particolare quale parte acquirente, avvalendosi delle intermediazione di Edo Commisso (alro referente dei clan calabresi e coimputato), stipulava un contratto di acquisto di terreni con destinazione agricola, di fabbricati rurali siti nel comune di Chiusdino e di correlati titoli di aiuto agricolo disciplinati dalla Comunità Europea, come meglio descritti nell’atto notarile del 2007 versando alla parte venditrice Società cooperativa agricola San Galgano oltre alla somma formalmente dichiarata nell’atto, la somma concordata a saldo del pagamento del prezzo definitivo di vendita di 1,5 milioni di euro in contanti avente la provenienza illecita indicata e di cui il Saporito aveva la disponibilità al precipuo fine di procedere all’acquisizione del suddetto complesso immobiliare anche nell’interesse dell’organizzazione mafiosa”. Beni ora di proprietà dello Stato.