Colf al nero, ma usufruiscono di servizi sanitari e Naspi: evasi oltre 2 milioni di euro

Tra i casi più emblematici figura quello relativo ad una colf filippina, assunta da una facoltosa famiglia labronica, la quale ha omesso di dichiarare oltre 60 mila euro
Nell’ambito dello sviluppo di segnalazioni, matching di banche-dati ed analisi del contesto socio-economico, le Fiamme Gialle labroniche hanno quest’anno attenzionato anche diverse persone impiegate come “badanti”.
In particolare i militari del Gruppo di Livorno hanno controllato decine di collaboratrici domestiche, risultate evasori totali poiché, pur avendo percepito redditi superiori alla soglia di esenzione (ovvero 8 mila euro), non hanno provveduto alla presentazione della prevista dichiarazione dei redditi.
Le attività ispettive sono scaturite dall’analisi sia di diverse segnalazioni pervenute da cittadini e soggetti che svolgono in regola questo lavoro, sia da connessa autonoma attività info-investigativa e analisi di banche-dati. E’ stata particolarmente approfondita la posizione dichiarativa di cittadine straniere operanti nel settore del lavoro domestico quali colf e badanti, rivelatesi vere e proprie “evasori totali”, omettendo sistematicamente di dichiarare il reddito percepito dall’attività lavorativa.
Per questa particolare categoria di lavoratori, va ricordato che il datore di lavoro non rientra tra i sostituti d’imposta e che lo stesso ha quindi solo l’obbligo di rilasciare una dichiarazione dalla quale risulti l’ammontare delle somme erogate nell’anno e di dare comunicazione all’Inps dell’assunzione del lavoratore, invece l’obbligo dichiarativo rimane autonomamente in capo al collaboratore domestico.
Diversi controlli della specie sono stati svolti anche dalla Compagnia di Cecina e dalla Tenenza di Castiglioncello.
L’attività ispettiva complessivamente intrapresa dalle Fiamme Gialle ha consentito quindi di individuare oltre 60 soggetti completamente sconosciuti al fisco, con un’evasione fiscale totale di oltre 2 milioni di euro.
L’ulteriore elemento significativo è che, oltre ad incassare completamente “in nero” (e quasi, sempre ad inviare all’estero le somme), le persone controlla fruivano dei servizi pubblici sanitari e assistenziali. Addirittura taluni dei controllati maturavano una (falsa) posizione contributiva che gli consentiva a fine rapporto di richiedere anche la Naspi, ossia il sussidio di disoccupazione, senza versare alcuna imposta allo Stato.
Tra i casi più emblematici figura quello relativo ad una colf filippina, assunta da una facoltosa famiglia labronica, la quale ha omesso di dichiarare oltre 60 mila euro e all’atto del controllo, svolto presso gli uffici del Reparto, ha voluto sanare immediatamente la sua posizione debitoria con il fisco italiano.