Carcere di Lucca, al garante un reclamo per violazione dei diritti dei detenuti

Dal sovraffollamento all’assistenza sanitaria: nella relazione 2022 ben 48 le segnalazioni dalle case circondariali toscane
Pianeta carcere, dei 48 reclami pervenuti alle autorità nel 2022 per segnalare presunte violazioni dei diritti dei detenuti, uno riguarda il carcere San Giorgio di Lucca, e dalla Toscana altri due provengono da detenuti di Firenze, 9 da Livorno, 4 da Prato, 2 da Pisa e 1 da Volterra.
Diversi e differenti i motivi dei reclami e delle segnalazioni arrivate sul tavolo del garante nazionale dei detenuti che nei giorni scorsi ha pubblicato il dossier 2022 nella relazione annuale al Parlamento. A Lucca la presenza media è di circa 102 detenuti, secondo il report, dove la capienza dovrebbe essere di circa 62 detenuti. Negli ultimi giorni, infatti, è stata rilanciata dalla politica la proposta di costruzione di un nuovo carcere fuori dalle mura cittadine.
Ma nella relazione annuale del garante nazionale dei detenuti al Parlamento è descritta la situazione regionale relativa agli ultimi 12 mesi monitorati. Nel corso del 2021 il garante ha potuto riprendere l’attività di visita degli Istituti penitenziari, che nel 2020 era stata fortemente limitata a causa della pandemia. Sono state effettuate, nel corso dell’anno 2021, 18 visite negli istituti penitenziari della Toscana.
Le richieste pervenute al Garante nel corso del 2021 sono state complessivamente 154, in complessivo aumento rispetto agli anni precedenti. È importante riportare le tematiche di maggior doglianza poiché ci dà conto di come le criticità del carcere vengano percepite dai diretti interessati, i detenuti e coloro che li supportano. “Vi sono, al primo posto, la violazione di diritti (26% dei casi), al secondo posto la specifica violazione del diritto alla salute (18,8%) che è stata conteggiata separatamente, vista la sua importante incidenza sul totale, al terzo posto le istanze volte a ottenere supporto per misure alternative alla detenzione (17,5%); al quarto posto, le istanze finalizzate a richiedere un supporto del Garante per ottenere un trasferimento (13,6%); a seguire altre tipologie, su cui si rinvia alla relazione del Garante regionale. Il Garante individua due macroaree di maggiore criticità nell’ambito del penitenziario: la vita penitenziaria e i percorsi in uscita dal carcere.
La vita penitenziaria. La vita quotidiana in carcere, l’ordinarietà, è definita da un insieme di condizioni che sono accumunate da una situazione di tendenziale immobilismo. Passata la pandemia, non si intravedono misure di svolta per il recupero e il superamento delle condizioni di disagio, già presente prima e aggravato poi dalla chiusura forzata. Si possono elencare, tra i molti, alcuni punti particolarmente critici. In primo luogo, la salute in generale: il personale medico, già messo a dura prova, è stato ridotto nel corso del 2021 a causa di carenze complessive di medici in tutti i servizi della Regione; molte richieste di intervento dei detenuti riguardano, infatti, il diritto alla salute. La salute mentale è gestita in carcere in modo non organico: a fianco dell’Atsm, presente nel carcere di Sollicciano (Firenze), vi è un numero definito vasto dagli operatori, ma al momento non esattamente quantificato, di persone detenute con sofferenza psichica, che non accedono né all’Atsm né a programmi comunitari territoriali con misure alternativa alla detenzione. Di fatto, i detenuti non escono per il mancato utilizzo del rimedio previsto dalla Corte costituzionale con la sentenza 99/2019, ovvero la detenzione in deroga garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale 203 per motivi umanitari ex articoli 47-ter, comma 1-ter o.p. (su questo tema, e più in generale sul diritto alla salute mentale in condizioni di privazione della libertà, il garante sta conducendo una ricerca insieme all’Università di Firenze)”.
E ancora prosegue il dossier: “I trasferimenti, o meglio i mancati trasferimenti, costituiscono un punto particolarmente dolente, perché frutto di una prassi abituata a ignorare i bisogni dei detenuti. È noto che l’avvicinamento ai familiari renderebbe molto meno gravosa la detenzione, in alcuni casi risolvendo anche situazioni di grossa sofferenza personale, peraltro facilitando il lavoro agli stessi operatori penitenziari; tuttavia, sul punto si continua a riscontrare un atteggiamento meramente punitivo e premiale, per cui il trasferimento viene concesso, se ciò accade, soltanto con tempi contati in anni. La questione dell’affettività, in senso più ampio chiede di essere affrontata seriamente, con un programma di interventi concreti che progettino “casette dell’affettività” come luogo di incontro intimo; tuttavia, anche sul punto, non sono state intraprese iniziative dall’amministrazione penitenziaria. Infine, ma non meno importante, i programmi per le donne detenute (Sollicciano e Pisa) sono quasi inesistenti, in ragione dello scarso numero di presenze, anche l’investimento risulta scarso”.
E infine sulla rieducazione del reo: “I percorsi in uscita: perché l’uscita dal carcere possa acquistare un senso di riprogettazione della propria esistenza, servirebbero – è noto – strumenti adeguati al reinserimento. Ma con il personale educativo, ridotto ai minimi termini e ancora non adeguatamente reintegrato (le assunzioni che si faranno a seguito del nuovo concorso saranno gocce nel mare) la progettualità è quasi impossibile. Una formazione adeguata in vista dell’uscita e un inserimento lavorativo durante la detenzione e in uscita dal carcere sono gli strumenti, minimi, necessari per evitare la recidiva, ma le realizzazioni sul punto sono al momento inadeguate. Su questo punto dobbiamo segnalare il grande impegno dell’assessora al welfare, che sta predisponendo bandi dedicati al supporto sociale dei detenuti, dai quali si auspica, nei prossimi anni un miglioramento di questa delicata fase di passaggio verso la libertà. Il garante individua, inoltre due macroaree di positive potenzialità ravvisabili rispetto agli istituti penitenziari della propria regione: alcune esperienze di lavoro e il polo universitario penitenziario”.
Lavoro. “Nonostante la situazione generalmente inadeguata rispetto al lavoro – si spiega -, vi sono in Toscana alcune esperienze lavorative specifiche che è importante valorizzare. Si tratta del carcere di Massa, in cui sono presenti laboratori interni, di livello professionale e inseriti nell’indotto economico sia penitenziario che extra-penitenziario nell’ambito della tessitura e della piccola sartoria, in cui sono impiegati la maggioranza dei detenuti presenti nella casa di reclusione. Vi è poi l’esperienza delle isole-carcere (Gorgona e Pianosa), esperienza di lavoro agricolo, a contatto con la natura che meriterebbe maggiore riconoscimento. Abbiamo un provveditore regionale stabile, il dottor D’Andria, dopo molti anni di provveditori temporanei, possiamo pensare a un programma di interventi, a progettualità di più lungo periodo sugli istituti”. Insomma il mondo carcerario è un mondo che avrebbe bisogno di una vera e propria rivoluzione. Si vedrà.