I figli di Audrey Hepburn contro Ferragamo: anche la Corte d’Appello dà ragione alla casa di moda

Oggetto del contendere l'uso del nome per la produzione di una serie di scarpe di lusso. Ma alcuni contratti darebbero ragione alla maison fiorentina

Il figlio della leggendaria diva di Hollywood Audrey Hepburn, il 52enne Luca Dotti, ha perso anche in secondo grado la causa contro Ferragamo per l’utilizzo del nome della madre per una serie di scarpe di lusso. Il ricorso contro la nota casa di moda era stato presentato da Luca Dotti insieme al fratellastro Sean Hepburn Ferrer, figlio maggiore dell’attrice scomparsa nel 1993.

Ma ieri (6 ottobre) i giudici della corte d’Appello di Firenze, Mori, Primavera e Nicoletti, hanno pubblicato la sentenza di secondo grado che ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di primo grado che già aveva dato ragione alla Ferragamo spa. Gli avvocati Jacopo Sani e Andrea Bini che hanno difeso gli eredi di una delle attrici più amate di sempre, e gli avvocati Pier Luigi Roncaglia, Maria Boletto, Carlo Alberto Giovannetti e Francesco Rossi, in difesa della casa di moda, si sono dati battaglia in due gradi di giudizio, all’interno di un contenzioso giudiziario iniziato nel 2018.

Luca Dotti e Sean Hepburn Ferrer, in qualità di unici soggetti oggi legittimati ad autorizzare l’uso del nome di Audrey Hepburn nonché titolari del marchio “Audrey Hepburn” registrato a livello internazionale, hanno chiamato in giudizio la Salvatore Ferragamo spa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni causati dall’utilizzo senza il consenso espresso del nome della loro madre e del marchio registrato Audrey Hepburn, avvenuto con la presentazione al pubblico a fini commerciali di tre paia di scarpe (la ballerine Audrey, il sandalo Gondoletta e la ballerina Idra) a cui veniva associato il nome Audrey Hepburn, all’insaputa e contro la volontà degli attori.

In particolare, i due ricorrenti avevano anche fatto allegare agli atti processuali il fatto che nelle pagine del sito internet ufficiale dell’azienda, destinato alla commercializzazione dei prodotti, i tre modelli di scarpe venivano descritti come realizzati per la nota attrice, con la finalità di associare il prodotto, dal costo particolarmente elevato, ad un’immagine di femminilità ed eleganza, come universalmente viene collegata al nome della loro madre. Questo si legge nel ricorso riportato nella sentenza d’Appello dei due figli di Audrey Hepburn che avevano chiesto ai giudici di condannare Ferragamo a 210mila euro a titolo di danno, oltre il 7% di royalties da calcolare sul fatturato derivante dalla commercializzazione dei tre prodotti.

Ma per i giudici fiorentini le cose stanno diversamente. La casa di moda aveva replicato in aula producendo contratti stipulati con gli eredi e proprietari del marchio Hepburn, per dimostrare la propria buona fede: quello del febbraio 1999, inerente alla concessione dell’uso del nome e dell’immagine della Hepburn per una mostra dedicata alle creazioni di Ferragamo per l’attrice;  il contratto di luglio 1999, con cui veniva concesso l’uso del nome e delle sembianze dell’attrice per promuovere la produzione di mille ballerine “udrey, fino al 31 dicembre 1999; il contratto del 2000, sostitutivo dei precedenti, nel quale veniva precisato che la Ferragamo spa avrebbe potuto continuare a vendere, anche dopo la scadenza della licenza, i prodotti oggetto del contratto, tra cui la ballerina chiamata Audrey, e con il loro nome commerciale. “Inoltre, la convenuta – si legge nelle premesse della sentenza – contestava le domande inerenti la contraffazione del marchio, in virtù del principio di territorialità, data la produzione degli attori di due marchi statunitensi privi di efficacia in Italia”. E per i giudici di Firenze tanto è bastato a dare ragione alla casa di moda.

La sentenza d’Appello

Si legge infatti nella sentenza d’appello: “Nel caso in esame l’accostamento del nome Audrey Hepburn viene infatti fatto per:  la ballerina Audrey ove si scrive sotto la foto e prezzo della calzatura “il modello fu realizzato per Audrey Hepburn nel 1954”;  il sandalo Gondoletta in relazione a cui si scrive “il sandalo fu indossato da Audrey Hepburn” oltre a seguire una frase lusinghiera detta dallo stilista Ferragamo sulla persona di Audrey Hepburn;  la ballerina Ira, il cui modello originale fu realizzato nel 1959 “uno dei numerosi modelli creati da Salvatore Ferragamo per l’attrice Audrey Hepburn”. Come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, gli accostamenti effettuati dalla maison fiorentina al nome di Audrey Hepburn non possono ritenersi lesivi del diritto allo sfruttamento del nome da parte dei suoi eredi, dal momento che lo stesso è stato utilizzato con finalità meramente descrittive, il cui uso è legittimo. Rientra infatti tra i diritti dell’imprenditore quello di comunicare al cliente la propria storia professionale, al fine di far conoscere quale sia l’origine dell’azienda e dei prodotti realizzati.

La Corte di Appello di Firenze ha quindi rigettato l’appello principale e l’appello incidentale, confermando integralmente la sentenza impugnata. Se ci sarà o meno ricorso per Cassazione lo si capirà soltanto nelle prossime settimane.

Foto tratta da un film interpretato dall’attrice

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