Coinvolto nel traffico di medicinali, sfuggito alla cattura e arrestato a Portoferraio

Giro d’affari di 2 milioni e mezzo di euro
C’è anche un cittadino egiziano 45enne, residente a Milano, arrestato dai carabinieri della Compagnia di Portoferraio, nell’indagine condotta dai militari della Lombardia e destinatario di un provvedimento restrittivo, ordinato dal gip del tribunale di Monza.
L’uomo, che assieme ad altri 10 connazionali e ad un medico italiano, è gravemente indiziato di appartenere a un’associazione operativa su tutto il territorio lombardo, che, in maniera stabile e continuativa, si occupava di acquisire presso varie farmacie medicinali a base di oppiacei, notoriamente a carico del servizio sanitario nazionale, per immetterli poi sul mercato parallelo dello spaccio di sostanze stupefacenti, riuscendo a mettere in piedi un giro d’affari di circa 2.500.000 euro ai danni dello Stato.
Il cittadino egiziano era riuscito a sfuggire alla cattura nel suo luogo di residenza, ma i militari dell’Arma di Portoferraio sono riusciti ad individuarlo in un cantiere edile della zona dove lavorava ed a trarlo in arresto. Dopo le formalità di rito, il 45enne è stato portato al carcere Le Sughere di Livorno a disposizione dell’autorità giudiziaria di Monza.
L’operazione lombarda è scattata alle prime luci dell’alba di oggi, 24 setttembre, nei Comuni di Trivolzio, Pero, Cornaredo, Corsico, Rho e Milano, e i militari di Monza, coadiuvati in fase esecutiva da personale del comando provinciale di Monza e della Brianza, di Milano e Pavia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare in carcere emessa dal gip di Monza, su richiesta della procura della Repubblica, nei confronti di 12 individui, un medico di nazionalità italiana, già sottoposto agli arresti domiciliari per fatti analoghi, e 11 individui egiziani (di cui 4 irreperibili), indagati a vario titolo di spaccio di sostanze stupefacenti, prescrizioni abusive, associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato o della pubblica amministrazione, falsità ideologica in certificati commessa da persona esercente servizio di pubblica necessità, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, esercizio abusivo di una professione e commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti.
L’indagine, coordinata dal pm Marco Giovanni Santini prende spunto dal fermo di pg nei confronti di un cittadino egiziano, bloccato in una farmacia monzese dove aveva acquistato un quantitativo spropositato di ossicodone, utilizzando ricette rubate da uno studio medico. Nella circostanza era stato il titolare della farmacia che, sospettando della genuinità delle prescrizioni, aveva allertato il 112. Dai successivi approfondimenti relativamente ad un primo periodo preso in esame, risultava come su un totale di 6.959 ricette di ossicodone rilasciate in Lombardia, circa il 30% fossero state rilasciate in favore di individui di origine egiziana, e che 940 fossero state emesse da un singolo medico di Milano.
Gli esiti delle indagini (attività di intercettazione telefoniche e ambientali supportate da servizi di Ocp e riscontri), corroborate inoltre dall’arresto in flagranza di reato nei confronti di uno dei sodali sorpreso in possesso di 12.000 pastiglie di oppiacei e più di 40.000 euro in contanti, confermavano il quadro indiziario iniziale, ovvero l’esistenza di una struttura associativa a carattere stabile e continuativa, organizzata su una rigida ripartizione dei ruoli, composta quasi interamente da egiziani ed attiva su tutto il territorio lombardo, operante con un modus operandi distinto in tre fasi: acquisizione negli studi medici compiacenti di ricette rilasciate indebitamente, attestanti malattie a carico di persone non bisognose, spesso ignare, alle quali venivano prescritti farmaci a base oppiacei (ossicodone e tramadolo) generalmente utilizzati per la terapia del dolore, muniti di codice di esenzione e quindi rimborsati interamente dal servizio sanitario nazionale,spendita delle ricette nelle farmacie finalizzata a reperire materialmente le confezioni el’immissione delle confezioni nel mercato parallelo dello spaccio di stupefacenti, perfezionato con la cessione finale a terzi.
La scelta dei pazienti a cui intestare le ricette, il più delle volte inconsapevoli, veniva effettuata a tavolino dal medico e dai cittadini egiziani. Era proprio il dottore a selezionare fra i suoi pazienti quelli affetti da gravi disabilità, per permettere ai suoi sodali di ottenere i farmaci senza dover sostenere alcun costo, poiché rimborsati dal Ssn. La scelta non era immediata: oltre a valutare il quadro clinico del paziente, veniva passato al vaglio anche il cognome dello stesso (si cercavano quelli con assonanze arabe) e il luogo di residenza (che non doveva essere troppo distante), così da non far sorgere sospetti nei farmacisti.
Per quanto concerne il giro d’affari, in circa 4 anni il sodalizio avrebbe destinato allo spaccio circa 28.000 confezioni di oppiacei indebitamente acquisite (15.000 ossicodone e 13.000 tramadolo), procurando al servizio sanitario un danno di oltre 2.500.000 euro, mentre il compenso per i medici corrotti poteva raggiungere anche i 600 euro per una singola prestazione relativa al rilascio di ricette, che in più occasioni superava le 200 unità.