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Cronaca
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Condannato a 9 anni per aver violentato la figlia di 5 anni, ma non era vero: assolto in appello

16 settembre 2022 | 07:30
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Condannato a 9 anni per aver violentato la figlia di 5 anni, ma non era vero: assolto in appello

Fine di un incubo per un 47enne di Pistoia

Condannato a 9 anni di reclusione per aver violentato la figlia quando aveva solo 5 anni, ma non era vero niente. La corte d’Appello dopo 4 anni lo assolve “perchè il fatto non sussiste”

Nel 2018 un 47enne di Pistoia era sprofondato letteralmente all’inferno, un baratro da tutti i punti di vista: l’uomo era stato condannato a 9 anni di reclusione con l’accusa di aver abusato sessualmente della figlia minori di soli 5 anni, all’epoca dei fatti. Ma non era vero niente. A distanza di 4 anni l’assoluzione della corte d’Appello di Firenze con la dicitura “perché il fatto non sussiste”.

Niente e nessuno di terreno potrà mai ripagarlo o riparare questa incredibile vicenda giudiziaria in cui si è trovato coinvolto suo malgrado e non è possibile nemmeno immaginare cosa abbia provato e vissuto in quello che gli sarà sembrato un incubo ad occhi aperti, e le motivazioni della sentenza di assoluzione sono così severe e rigorose che se da un lato lo avranno chiaramente sollevato da un’ipotesi di una lunga carcerazione per accuse così infamanti, dall’altro avranno acuito il suo risentimento.

Ci vorrà tempo per ritrovare pace. Per i giudici di secondo grado, in pratica, tutto quello che poteva andare storto nel processo di primo grado è andato storto. Parole molto dure, infatti, sono state scelte dai giudici Palasciano, Scinicariello e Sbrana che scrivono in sentenza: “La genesi di queste dichiarazioni risulta indicativa quanto meno di una suggestione e di un pregiudizio e non può di certo escludersi (anzi evidenziandosi proprio elementi in tal senso) che la minore abbia conformato il racconto a quelle che riteneva o percepiva essere le aspettative dei suoi interlocutori, tanto che, quando giunge ad essere infine sentita in contraddittorio, il suo racconto, focalizzato sugli atti sessuali da lei compiuti sulla cuginetta poiché da lei subiti dal padre, è ormai depurato di tutta una serie di elementi distonici e assolutamente contraddittori”. Non sono stati rispettati i criteri metodologici in casi simili per i giudici di secondo grado, la “Carta di noto”. In questo senso si comprende il rigore metodologico e di valutazione che viene richiesto nella assunzione e valutazione della prova dichiarativa del minore, vittima di abusi, la assoluta necessità che il suo esame avvenga nel contraddittorio il prima possibile e che siano evitati il replicarsi delle occasioni di rievocazione del ricordo, domande suggestive o condizionamenti attraverso il palesarsi di aspettative di interlocutori adulti. Prosegue infatti la sentenza: “Nel nostro caso, come detto, quando giunge ad essere sentita in incidente probatorio, invece, la minore è stata già chiamata a ripetere a diversi soggetti della famiglia la narrazione, dopo essere stata compulsata a dare spiegazioni dietro richieste insistenti che già denunciavano un giudizio di valore sulle condotte sessualizzate della minore, la quale veniva messa di fronte all’evidenza di essere stata scoperta. Giudizio che la minore, che si mostrava turbata e preoccupata, ben aveva percepito e che ha prodotto una serie di disparate giustificazioni del suo agito, imputandolo dapprima all’emulazione di quanto visto fare ad altri soggetti adulti (poi adulti in TV e infine il babbo ). La genesi di queste dichiarazioni risulta indicativa quanto meno di una suggestione e di un pregiudizio e non può di certo escludersi (anzi evidenziandosi proprio elementi in tal senso) che la minore abbia conformato il racconto a quelle che riteneva o percepiva essere le aspettative dei suoi interlocutori. L’Imputato va dunque mandato assolto dal reato ascritto perché il fatto non sussiste”.

La fine di un incubo giudiziario e umano per un caso che non ha spiegato tutto sul perché di quelle bugie della bambina che stavano per costare caro al padre, che un costo l’ha comunque già pagato a livello personale, di impossibile quantificazione.

L’uomo era difeso dall’avvocato Fausto Malucchi.