Le motivazioni della sentenza |
Cronaca
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Fece un figlio con l’alunno, i giudici d’Appello: “Il primo rapporto quando lui aveva 13 anni”

1 settembre 2022 | 09:00
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Fece un figlio con l’alunno, i giudici d’Appello: “Il primo rapporto quando lui aveva 13 anni”

Nelle motivazioni: “La relazione iniziata nel giugno 2017, il giorno prima degli esami di terza media”

“Appare ragionevole che l’imputata, di fronte all’impossibilità di negare quei rapporti in ragione del concepimento di un figlio, abbia tentato di difendersi nell’unico modo che aveva, vale a dire posticipando il più possibile la data della prima volta con l’obiettivo di alleggerire la sua posizione”.

E’ quanto scritto dai giudici della Corte d’Appello di Firenze nelle motivazioni della sentenza che, a maggio scorso, ha condannato a 6 anni 5 mesi e 15 giorni la donna di Prato – difesa dall’avvocato Mattia Alfano –  che nel 2018 dette alla luce un bimbo concepito col ragazzino, minorenne, al quale dava ripetizioni di inglese.  

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“Non si discute se ci sia stato o meno un episodio di abuso sessuale da parte di una persona che professa la sua innocenza – spiegano i magistrati -, si discute invece di quando e come sia iniziata una vera e propria relazione, anche sessuale, ammessa dall’imputata”.  Il ragazzino, all’epoca, nella ricostruzione, non aveva ancora compiuto 14 anni. 

Nelle 70 pagine di motivazioni i giudici hanno ripercorso l’intera vicenda, valutando anche le dichiarazioni del “baby padre” e i messaggi scambiati sul cellulare: “La responsabilità –  si legge nella sentenza – è emersa con certezza da una molteplicità di prove convergenti e di diversa natura e provenienza con le quali, oltretutto, le censure difensive si confrontano solo parzialmente”.

“Il ragazzino – scrivono ancora i giudici della Corte d’Appello – ha ancorato la collocazione ad un momento talmente significativo e importante della sua vita che non può minimamente porsi in dubbio la precisione cronologica del ricordo: ha infatti riferito che era il giorno prima dell’esame orale di terza media.  Il quadro probatorio a carico dell’imputata è, secondo questa Corte, schiacciante, mentre le sue affermazioni di innocenza risultano generiche, non sostenute da concreti riscontri e spesso contraddette dall’evidenza disponibile”.