Minacciato con la pistola e filmato: il professore presenta querela di diffamazione per il video

L’insegnante si è rivolto all’avvocato Mattia Alfano: “Lo scopo non è punitivo ma rieducativo”
Il professore di un istituto tecnico di Sesto Fiorentino minacciato da un suo studente con una pistola alla tempia si è rivolto al suo legale di fiducia, l’avvocato Mattia Alfano del Foro di Firenze.
Non per procedere contro il ragazzino minorenne, un 15enne, ma per il reato di diffamazione, commesso con il video fatto dai compagni e fatto girare sulle chat.
“Il senso della querela – spiega l’avvocato Alfano – non è punire (per il fatto della pistola seguiremo il percorso del processo al tribunale per i minori). Tra le righe è passato un altro comportamento, a giudizio del mio assistito altrettanto gravissimo: l’aver ripreso e diffuso la scena. Quindi, lo scopo è offrire un argomento di riflessione ed educazione ai genitori. Inutile pensare ad una legge sul cyber bullismo se si tratta con leggerezza comportamenti di questa gravità”.
Avvisato dai colleghi che nella sua classe c’era un ragazzo con la pistola, l’insegnante è andato nella classe. E subito dopo l’alunno si è alzato dal suo posto e si è diretto verso la cattedra. Una volta avvicinatosi, ha detto al professore che gli aveva messo troppe note (sebbene ciò fosse capitato solo una volta) e che dovevano risolvere la questione: a quel punto ha estratto la pistola da dietro i pantaloni e gliel’ha puntata addosso.
Nessuna reazione, da parte dell’insegnante, non ha nemmeno portato l’allievo in presidenza, ma ha fatto, però, presente all’alunno che la sua condotta era un atto grave e che ci sarebbero potute essere delle conseguenze anche più serie di un semplice richiamo.
Poi la “scoperta” che era stato registrato un video dell’evento, che la stessa polizia ha fatto visionare al professore.
Un video diventato virale, girato tra le varie chat che dopo la divulgazione ha determinato un non irrilevante danno alla reputazione del professore.
“La querela – ribadiscono l’avvocato e lo stesso insegnante – non ha uno scopo punitivo, ma meramente rieducativo, in quanto volto a far comprendere a colui o colei che si accerti essere l’autore della registrazione della gravità di realizzare e di diffondere un video avente portata diffamatoria”.
“Con un video diffuso su Whatsapp e sui vari social, nell’era digitale in cui viviamo – conclude il legale – il danno subìto dalla vittima della diffamazione può assumere un’entità ben più consistente rispetto al passato, ragion per cui diventa fondamentale conoscere, ed intraprendere, tutte le possibili vie di tutela al fine di evitare che siano “normalizzate” e accettate come legittime condotte lesive di questa specie e portata”.