Direttore tecnico prende a schiaffi una stilista, casa di moda condannata a pagare 61mila euro

Ancora in corso la causa penale e civile nei confronto del datore di lavoro, intanto la Corte d’Appello di Firenze dà ragione alla donna
Violenza sul posto di lavoro. Quando gli schiaffi, al di là delle inevitabili implicazioni morali, etiche e penali, hanno anche un costo: prestigiosa casa internazionale di moda, con sede anche in Toscana, condannata dalla corte d’Appello di Firenze a pagare circa 61mila euro di indennità, e circa 4mila di spese legali, a una stilista che si era dimessa dopo alcuni giorni dall’increscioso e deprecabile episodio.
Nel 2019 la stilista si dimette da modellista del prestigioso atelier perché alcuni giorni prima era stata letteralmente presa a schiaffi, durante una riunione di lavoro, dal direttore tecnico, e suo diretto superiore, per una serie di diverbi su alcuni aspetti riguardanti una prossima sfilata e altre cose relative alla produzione. La donna dopo essere stata schiaffeggiata in stato si evidente shock si era fatta visitare dai sanitari e aveva immediatamente chiesto alla casa di moda di prendere provvedimenti nei confronti del manesco direttore tecnico, procedendo anche a querelarlo.
L’atelier però addirittura prende le parti del direttore tecnico, come si legge in sentenza, e cerca di sminuire l’accaduto facendolo rientrare “in un normale diverbio naturale nella dialettica lavorativa”, come da atti processuali. Per cui alla donna presa a schiaffi la casa di moda non riconosce nemmeno la giusta causa per le sue ovvie dimissioni. Da qui viene fuori un contenzioso giudiziario che ora è arrivato alla sentenza della Corte d’Appello fiorentina che nei giorni scorsi hanno dato pienamente ragione alla stilista colpita al viso e alla testa dal suo superiore durante una riunione lavorativa.
L’iter giudiziario invece a carico dell’uomo sia penalmente sia civilmente è tuttora in corso. Al momento è la casa di moda a dover pagare la vittima di questo indescrivibile episodio di violenza all’interno della causa di lavoro per le dimissioni per giusta causa, vinta dalla vittima della violenza del direttore tecnico. Si legge infatti molto chiaramente nella sentenza della corte d’Appello di Firenze pubblicata ieri (28 marzo): “L’appello principale è da ritenersi fondato. Colgono nel segno le doglianze di cui al primo motivo di gravame con conseguente assorbimento del secondo motivo. È da osservare preliminarmente che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellata casa di moda, l’episodio denunciato dalla stilista è da ritenersi provato. Le dimissioni de qua sono, altresì, da ritenersi sorrette da giusta causa. Ciò premesso, non pare dubbio al collegio che la condotta tenuta dalla casa di moda sia stata di gravità tale da legittimare le dimissioni per giusta causa rassegnate dalla donna”.
I giudici di secondo grado dopo aver acquisito una serie di prove, tra mail, note aziendali, testimonianze di colleghi, certificati medici e altro materiale sono giunti alla condanna dell’atelier. Le motivazioni della sentenza e le attività giudiziarie svolte di approfondimento saranno certamente utili alla donna nelle altre cause, penali e civili, contro il suo ex capo che l’ha presa a schiaffi sul posto di lavoro. Ogni commento sarebbe mai come in casi simili completamente inutile. I fatti si commentano da soli. Scriveva nel secolo scorso lo scrittore e drammaturgo russo Michail Bulgakov: “Nulla è più ostinato di un fatto”.