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Sospesa dal lavoro perché senza green pass: il datore dovrà risarcirla

25 marzo 2022 | 14:15
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Sospesa dal lavoro perché senza green pass: il datore dovrà risarcirla

E’ la storica sentenza del tribunale di Firenze a favore di una addetta a una piscina privata

Era stata sospesa dal lavoro perché priva di green pass, documento che tuttavia in quei mesi non era obbligatorio. Adesso, il datore dovrà pagare i danni alla propria dipendente.

E’ la storica sentenza del tribunale di Firenze, che stabilisce il risarcimento nei confronti di una lavoratrice illegittimamente messa a casa dal proprio capo perché non in possesso della carta verde. Se non previsto espressamente da una norma, quindi, un’azienda o un ente non può interpretare l’articolo di legge arbitrariamente inserendo l’obbligo di green pass, e men che meno punire il lavoratore. La condotta, infatti, configura un illecito che determina un risarcimento danni.

E’ questa la novità della sentenza del tribunale fiorentino. Nel caso specifico, infatti, il datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un risarcimento pari a mille 912,81 euro, più rivalutazione, per il periodo tra la sospensione e l’obbligo normativo introdotto il 15 ottobre 2021, e mille 850 euro per le spese di lite oltre a iva, cassa previdenza avvocati e rimborsi e ai 49 euro del contributo unificato.

Un orientamento innovativo e rivoluzionario che apre la strada a possibili e numerosissime azioni giudiziarie di risarcimento danni, considerate le tante richieste illegittime di green pass nei mesi scorsi. Il tribunale di Firenze, sezione lavoro, con la sentenza emessa lo scorso 4 marzo e pubblicata nei giorni scorsi, ha infatti condannato una società al pagamento di oltre 4mila euro, tra spese e stipendi sospesi, per aver richiesto illegittimamente, ad agosto 2021, ad un’addetta ad una piscina di un club di Firenze, per ben 2 volte il green pass.

L’addetta aveva fatto presente al datore di lavoro che il green pass non era citato nelle norme in materia di lavoro, ma l’azienda, dopo aver segnalato la mancata esibizione del certificato verde il 7 e il 9 agosto, aveva inviato a tutti i suoi dipendenti una comunicazione con la richiesta di green pass ed aveva sospeso l’addetta alle piscine. Infatti, il giorno 7 del mese di agosto, come ogni mattina, la donna si era recata al lavoro ma non era riuscita ad entrare nel club perché le avevano chiesto il green pass all’ingresso: solo 36 ore dopo la società aveva poi inviato una comunicazione con cui avvisava di esigere il certificato verde da tutti i dipendenti e i collaboratori.

Secondo l’azienda, il green pass rientrava tra le misure di sicurezza in ottemperanza alla normativa sulla tutela delle condizioni di lavoro (art. 2087 del codice civile), ma il tribunale fiorentino ha sancito l’illegittimità della richiesta. Tra l’altro, il decreto legge 52/2021 imponeva il possesso del lasciapassare verde ai frequentatori delle piscine soltanto per le attività al chiuso, mentre l’obbligo di green pass è poi scattato soltanto in seguito, con il decreto legge 105/21, entrato in vigore però il 15 ottobre del 2021, quando cioè l’addetta alla piscina è stata riammessa al lavoro.

Ma per i mesi di sospensione illegittima, ora deve essere risarcita. Si legge infatti in sentenza: “La illegittimità è comunque cessata il 15 ottobre del 2021, data nella quale l’obbligo di possesso di green pass in capo a tutti i lavoratori è stato imposto dalla legge, rendendo doveroso il rifiuto datoriale. La lavoratrice ha quindi diritto al ristoro del danno commisurato al pregiudizio economico derivante dal rifiuto di ricevere la prestazione da parte del datore di lavoro, nei cui confronti trovano applicazione le regole sulla mora del creditore e in particolare quella concernente l’obbligo risarcitorio, fissata nell’art. 1206, secondo comma cod. civ., con conseguente necessità di riconoscere alla donna il diritto alla retribuzione per l’attività lavorativa ingiustificatamente impeditale”.

Una sentenza che apre nuovi scenari su chi in passato ha richiesto il green pass senza che ci fosse l’obbligo e facendo passare una decisione interna come una legge, punendo dipendenti e collaboratori, privati e pubblici, che ora potranno chiedere di essere risarciti.