Oro e soldi dei sequestri spariti, l’ex comandante accusata di peculato. La difesa: “Pronti a dimostrare l’innocenza”

La capitana dell’Arma Rosa Sciarrone, in forza all’epoca dei fatti contestati al Norm di Massa, è ora sospesa dal servizio
È finita sul banco degli imputati, con l’accusa di peculato, l’ex comandante del Nucleo operativo e radiomobile di Massa, all’epoca tenente, e ora capitano, Rosa Sciarrone.
Secondo la procura apuana, che ha diretto le indagini, l’ufficiale dell’Arma si sarebbe appropriata di gioielli e somme di denaro, poco meno di 5mila euro, cosi si legge negli atti, di cui aveva disponibilità, essendo oggetti sottoposti a sequestro penale.
Difesa dall’avvocato Stefano Gomiero, del Foro di Verona, il capitano respinge al mittente ogni accusa, e il legale si dice pronto a dimostrare la sua totale estraneità ai fatti.
Numerosi i Compro Oro passati al setaccio, tra cui anche uno a pochi passi dalla caserma Plava, dove l’ufficiale dell’Arma ha prestato servizio per molti anni, conducendo e portando a termine con successo numerose operazioni.
“Ve lo immaginate un tenente dei carabinieri che comanda il nucleo operativo e radiomobile di Massa che sequestra i gioielli ai ricettatori del posto e poi va a venderli al Compro oro, davanti alla caserma dove è stata per sette anni, per intascarsi i soldi e fare la bella vita tra auto di lusso e vestiti firmati?”, ha chiesto in aula durante l’udienza preliminare il difensore.
Il processo, in corso al tribunale massese, ha visto sfilare, per ora, i testi dell’accusa, tra cui un appuntato dei carabinieri, che ha riferito delle indagini, parlando anche di finanziamenti non concessi all’ex comandante e di conti correnti, e proseguirà con l’escussione di altri testi dell’accusa all’udienza fissata per il prossimo 11 maggio.
La lista testi della difesa è corposa: circa 100 le persone citate tra colonnelli che si sono succeduti al comando provinciale, vari militari dell’Arma e finanzieri delle fiamme gialle, oltre una cinquantina di titolari di compro oro sia della provincia di Massa che di Verona e Padova dove Rosa Sciarrone era stata trasferita dopo l’incarico a Massa.
“La mia assistita – fa presente l’avvocato – aveva lei stessa denunciato la sparizione di tre monili, non si capisce perché venga accusata tre anni dopo”. “Tra l’altro – aggiunge il legale – non solo lei aveva accesso alla cassaforte dove venivano depositati gli oggetti sequestrati, quando andava in licenza o in malattia redigeva il verbale dei corpi di reato e li lasciava in consegna. Perchè, quindi, si incolpa solo lei?”
Tutti gli oggetti sequestrati, fa presente la difesa, sono sempre stati repertati regolarmente, e fotografati. Non solo, come confermato dalla stessa comandante Rosa Sciarrone in sede di dichiarazioni, le operazioni avvenivano in presenza di altri militari: “I reperti – ha spiegato la comandante – mi arrivavano già “confezionati” e io apprendevo del contenuto solo dal verbale”.
“Non ho mai commesso questo reato umiliante e ignobile, e mai ho preso gioielli e denaro”, ribadisce Rosa Sciarrone, che da inizio processo è sospesa dal servizio, con lo stipendio al 30%.
La “storiaccia” nasce dal sequestro di gioielli ad un uomo massese, considerato ricettatore, e poi assolto. “Di qui la decisione di restituire quanto sequestrato e chi si doveva occupare della restituzione si accorse che mancavano degli oggetti, avvisando il comandante Sciarrone, che aveva subito informato per iscritto la procura”, come precisato dalla difesa.
Per la vicenda Sciarrone subì anche un procedimento disciplinare, concluso con la sanzione del richiamo. Poi, un anno dopo, la Corte di appello di Genova avvisò la stessa comandante che non era pervenuto il libretto di versamento al Fondo giustizia di 4.700 euro, relativi ad un altro sequestro. Soldi, questi, che Sciarrone, come affermato nel procedimento giudiziario, non aveva versato, ma lasciato nella cassaforte nel suo ufficio e che da una verifica erano spariti: all’interno della scatola fu trovata solo la cocaina sequestrata.