Sbagliano l’operazione al seno e il consenso informato non è in regola: Corte dei Conti condanna due medici al risarcimento

Alla paziente, affetta da gigantomastia bilaterale, un indennizzo da 70mila euro che dovrà ora essere versato all’Asl dai dottori
Sbagliano un intervento di chirurgia, medici condannati dalla Corte dei Conti a risarcire l’Asl che aveva già indennizzato la paziente.
Circa sei anni fa a soli 19 anni decide di operarsi per risolvere i problemi di gigantomastia bilaterale, una ipertrofia mammaria di dimensioni notevoli, associata in generale ad alterazioni patologiche della ghiandola e dei tessuti di sostegno. La giovane ragazza lucchese arriva a questa decisione perché questa ipertrofia le sta provocando gravi problemi di tipo psicologico e anche di scoliosi.
Ricoverata al Versilia subisce l’intervento ma qualcosa va storto. L’operazione che per i due medici era andata a buon fine non raggiunge affatto i risultati sperati dalla ragazza. A seguito dell’intervento chirurgico infatti resta un grave dismorfismo delle mammelle, asimmetriche per forma e dimensione, nonché vistose cicatrici con danno estetico e funzionale.
A quel punto l’unità operativa di medicina legale dell’area Versilia ritiene sussistente la responsabilità del nosocomio e, conseguentemente, l’Asl Toscana nord ovest decide di definire stragiudizialmente la controversia, evitando di andare in giudizio. Le prove sono troppo evidenti e palesi. L’Asl comprende che l’operazione non è riuscita e assumendosi le proprie responsabilità versa alla ragazza 70mila euro di risarcimento danni.
Ma c’è di più. L’Asl dopo verifiche interne riscontra anche problemi nel consenso informato fatto sottoscrivere alla paziente. Troppo. Nei giorni scorsi la sentenza di condanna della Corte dei Conti a cui si era rivolta successivamente l’Asl chiamando in causa i due medici che ora dovranno risarcire l’azienda sanitaria e pagare tutte anche tutte le spese legali. La ragazza ha dovuto subire un secondo intervento, a Firenze, per risolvere i suoi problemi.
Si legge infatti in sentenza: “Pacifico il rapporto di servizio, la procura ha ritenuto che la condotta dei convenuti sia espressione di grave colpa professionale. Un intervento di mastoplastica riduttiva effettuato su una ragazza giovane si considera eseguito correttamente se tiene conto anche del risultato estetico, viste le conseguenze, anche psicologiche, in caso di esiti deformanti. L’intervento, poi, oltre al pessimo risultato estetico, avrebbe causato, secondo la Ctu, anche conseguenze funzionali, come perdita della sensibilità del complesso areolare e la probabilità della perdita della funzione dell’allattamento. Dalla documentazione prodotta emerge la responsabilità per grave colpa dei sanitari convenuti. La grave negligenza è dimostrata dalle gravi omissioni commesse dal medico che l’ha operata nella gestione dei periodi pre e post-operatori. Mentre per il secondo medico il modulo per il consenso informato fatto sottoscrivere alla paziente circa due ore prima del suo trasferimento in sala operatoria, come risulta dalla cartella clinica, è estremamente generico, non risulta alcuna informazione circa il tipo di intervento (che si ribadisce, avrebbe dovuto essere condiviso con la paziente), le modalità di esecuzione, le possibili complicanze, ed il risultato estetico atteso”.
Da queste motivazioni la condanna a risarcire l’Asl dei 70mila euro erogati alla ragazza per risarcirla dei danni subiti, per il 90% nei confronti del chirurgo e per il restante 10% nei confronti del medico che ha sbagliato a redigere il consenso informato. Decisive per la condanna anche le dichiarazioni rese nel processo da parte dei medici fiorentini che hanno poi operato nuovamente la ragazza risolvendo i problemi che aveva e gli effetti collaterali derivanti dal primo intervento subito.