‘Ndrangheta, oltre 100 arresti e una tonnellata di cocaina sequestrata: blitz anche a Firenze e Livorno

Tra le accuse associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione
‘Ndrangheta: vasta operazione della polizia di Stato su tutto il territorio nazionale. Eseguiti più di 100 provvedimenti restrittivi.
Dall’alba di oggi (16 novembre), le squadre mobili di Reggio Calabria, Milano, Firenze e Livorno, con il coordinamento del servizio centrale operativo della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato, hanno eseguito oltre 100 misure cautelari e precautelari emesse dalle procure distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze, a conclusione di articolate indagini che hanno riguardato esponenti della ndrangheta operanti in stretto accordo in diverse parti del territorio nazionale.
Le attività investigative, nell’ambito delle quali è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina importata dal sudamerca, hanno riguardato soggetti di origine calabrese provenienti dalla Piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, attivi anche in Lombardia e in Toscana, e con ramificazioni internazionali.
Il filone d’indagine della procura di Firenze, coordinata da Giuseppe Creazzo, ha portato a 14 arresti.
I reati contestati sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti , usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.
Nel blitz è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina, proveniente dal sud America.
Il filone milanese delle indagini è stato condotto congiuntamente dalla polizia di Stato e dal nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Como.
Alle prime ore di questa mattina, il personale della squadra mobile di Firenze e di Livorno, coordinato dalla Dda, ha eseguito, su tutto il territorio nazionale e in Svizzera, ordinanze di custodia cautelare e mandati di arresto internazionale a carico di 14 componenti un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina nonché alla fabbricazione e all’utilizzo di falsi documenti d’identità, e sono state denunciate altre 8 persone per il reato di favoreggiamento personale.
Nei primi mesi del 2019 gli investigatori della Mobile di Firenze e di Livorno hanno svolto mirati servizi di osservazione e pedinamento nella città di Livorno per accertare la presenza fisica di alcuni esponenti di vertice di ‘ndrine calabresi e i loro incontri con persone collegate, a vario titolo, con il porto cittadino. Infatti, alcuni precedenti sequestri di droga eseguitinel porto calabrese di Gioia Tauro avevano indotto alcune cosche a reindirizzare i loro traffici illeciti verso altre destinazioni, tra cui i porti di Livorno e Vado Ligure
È stata avviata una serrata attività di indagine, coordinata dalla Dda fiorentina, le cui preziose informazioni, ricavate dalle numerose attività tecniche e dagli approfondimenti investigativi, hanno consentito di ricostruire organigramma, ruoli e funzioni dei diversi compartecipi di una struttura criminale, con ramificazioni e contatti anche all’estero.
Secondo quanto emerso dalle indagini, la struttura in questione sarebbe specializzata nell’importazione – e nella successiva distribuzione sul territorio nazionale – di ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America, grazie della stretta e duratura collaborazione venutasi a creare tra due importanti broker calabresi, ciascuno assistito da più complici, costituenti gruppi più o meno stabili, connessi tra loro in virtù del rapporto di società esistente tra i predetti.
L’organizzazione poteva contare su aderenti stanziati sia in Olanda che in Sud America e su sodali operativi sul territorio nazionale con funzioni di contatto con le realtà locali di arrivo della droga proveniente dal Sud America e di smistamento della stessa tra i vari committenti.
L’articolata attività di pianificazione ed esecuzione dei traffici, iniziata nel marzo 2019, con i primi contatti nella città di Livorno, e proseguita nell’agosto 2019, con un tentativo fallito di recupero di stupefacente da un container contenente crostacei, ha visto un primo effettivo riscontro nel novembre 2019 con l’arrivo di un carico di 430 kg di cocaina, sequestrata dalla Squadre Mobili di Firenze e Livorno al gruppo criminale.
Il gruppo criminale, composto tanto da personaggi espressione di due cosche calabresi-figuranti sia tra i committenti dell’importazione della cocaina sia nelle fasi di pianificazione ed esecuzione del trafficoo – ma anche da dipendenti di una compagnia portuale livornese – coinvolti nelle attività preparatorie quanto nelle operazioni materiali all’interno dell’area portuale- nonché da alcuni livornesi – i quali supportavano logisticamente l’attività criminale – e da un uomo che fungeva da broker, con compiti di raccordo tra esponenti delle n’drine e gli altri complici in ambito nazionale e internazionale.
L’organizzazione criminale, inoltre, si sarebebbe anche avvalsa del supporto di un dipendente infedele dell’amministrazione civile del ministero dell’interno per ottenere il rilascio di passaporti genuini – recanti le effigi di alcuni latitanti, ma le anagrafiche di altre persone – utilizzati per favorire gli spostamenti, in ambito internazionale, dei ricercati.
Nel dettaglio, trascorsi due mesi dall’infruttuoso esperimento di agosto 2019, la sera del 3 novembre successivo si sono susseguiti una serie di inaspettati eventi, iniziati con l’arrivo a Livorno, in tempi differenti, degli appartenenti all’associazione criminale. La mattina del 7 novembre 2019 alcuni appartenenti al grippo criminale si posizionavano davanti all’uscita del varco doganale dell’area portuale Darsena Est in attesa dell’arrivo del carico e dell’occasione propizia per il suo prelievo. Scoperto il numero del container, gli investigatori decidevano di procedere al suo controllo avvalendosi dell’ausilio del personale dell’Agenzia delle Dogane in servizio al porto di Livorno e di un equipaggio della Polizia di Frontiera marittima. Il container individuato risultava contenere 18 colli composti da pannelli di legno delle dimensioni di circa 2 metri. L’ispezione permetteva inizialmente di scovare un quantitativo parziale del carico di droga complessivamente trasportato: veniva individuato un vano, ricavato all’interno di uno dei 18 colli, al cui interno si trovavano stipati 266 panetti di cocaina tutti contrassegnati dal marchio H, del valore stimato di circa 15 milioni di euro, e, all’interno di un ulteriore collo di legname, un altro vano di dimensioni minori rispetto al precedente, contenente altri 164 panetti, contrassegnati anch’essi dal marchio H, per un totale di 430 kg di cocaina. In un’altra occasione, nel gennaio del 2020, sono stati sequestrati 22 chili di sostanza stupefacente del tipo cocaina, prelevati dal brokeral porto di Vado Ligure e rinvenuti all’interno dell’abitazione e dell’autovettura in uso al trafficante arrestato.
In totale, l’operazione ha consentito di sequestrare 452 chili di cocaina.
Al termine delle attività di indagine la Dda di Firenze ha richiesto ed ottenuto dal competente giudice per le gndagini preliminari 14 misure cautelari, delle quali 13 prevedono custodia cautelare in carcere e una l’obbligo di dimora nel Comune di Livorno, eseguite in data odierna. Contestualmente sono in corso anche ed ulteriori numerose perquisizioni, in diverse città italiane, di soggetti collegati al gruppo criminale.
La complessa attività di indagine, sviluppatasi in coordinamento tra la Dda di Milano e la Dda di Reggio Calabria, ha consentito di ricostruire la storia di circa quindici anni di presenza della ‘ndrangheta nel territorio a cavallo tra le province di Como e Varese, evidenziandone la vocazione sempre più imprenditoriale e svelandone le modalità di mimetizzazione e compenetrazione con il tessuto economico-legale. Si tratta di persone di origine calabrese provenienti dalla piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, che, avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà che ne è derivata, hanno, in un primo periodo, posto in essere, in modo stabile e continuativo, una serie indeterminata di delitti di estorsione, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione, costringendo gli imprenditori lombardi al pagamento di ingenti somme di denaro per poi acquisire la totale gestione e controllo di attività economiche.
In particolare, l’indagine ha consentito di fotografe tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio: 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione in danno di imprenditori locali; 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso; dal 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi, su larga scala, gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.
Molteplici sono stati i settori in cui vi sono indizi gravi che gli indagati siano riusciti ad estendere il loro controllo, dal settore del trasporto conto terzi alla ristorazione e ai servizi di pulizia e facchinaggio, caratterizzandone ognuno con il marchio dell’acquisizione illegale e/o della gestione illegale, in spregio di ogni norma a tutela degli interessi dello Stato, dei cittadini e degli altri imprenditori. Emblematico il caso di un noto ristorante milanese sito in un punto panoramico cittadino, gestito da una società riconducibile agli indagati che, dopo aver drenato notevoli risorse finanziarie illecite dagli indagati e verso gli indagati, accumulando, però, ingenti debiti nei confronti dell’erario, è stata dichiarata fallita per aver sistematicamente omesso il versamento delle imposte.
Agli indagati viene, altresì, contestato, in via indiziaria, l’utilizzo di modalità estorsive, di violenze e di fatti di illecita concorrenza che avrebbero consentito di gestire i sub appalti di una nota e storica società lombarda operante nel settore della produzione di bevande e connessa logistica. Le commesse di trasporto così illecitamente acquisite venivano poi spartite tra i vari affiliati consentendo a tutti lauti guadagni accresciuti, altresì, dal ricorso sistematico a false fatturazioni.
Accanto a questa ‘ndrangheta 2.0 società per affari, mai abbandonato appare anche l’interesse per il traffico di stupefacenti, nell’ambito del quale sono chiaramente emerse le mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, verso il Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni dei soggetti indagati che vi si sono stabilmente insediati, dedicandosi prevalentemente ai traffici di sostanza stupefacente proveniente dall’Italia, provvedendo, nel contempo, a radicarsi e ramificarsi allo scopo di costituire in loco nuove strutture territoriali di ‘ndrangheta. In questo filone, le attività d’indagine sono state effettuate avvalendosi di una squadra investigativa comune costituita tra l’autorità giudiziaria italiana e il ministero pubblico della confederazione per la Svizzera.
Il coordinamento investigativo sia tra le rispettive polizie giudiziarie sia tra le Dda di Milano e Reggio Calabria, evidenziando la presenza di soggetti protagonisti di entrambe le indagini, ha consentito di confermare ancora una volta la struttura unitaria della ‘ndrangheta, pur nella sostanziale autonomia delle singole articolazioni territoriali, confermando il legame esistente tra i locali lombardi e i corrispondenti locali di ‘ndrangheta esistenti in Calabria, nonché il rilevante ruolo di Milano e della Lombardia, nelle dinamiche e negli interessi della ‘ndrangheta al nord Italia.