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Non poteva partecipare alle gare d’appalto per una condanna del padre di 40 anni fa: annullata l’interdittiva antimafia

29 settembre 2021 | 18:00
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Non poteva partecipare alle gare d’appalto per una condanna del padre di 40 anni fa: annullata l’interdittiva antimafia

Una ditta del Pisano si è rivolta al Tar per l’annullamento: i giudici amministrativi hanno dato ragione all’azienda

Annullata dal Tar del Lazio interdittiva antimafia per una ditta del Pisano.

Nel gennaio scorso il ministero dell’interno aveva comunicato alla società, operante nel settore costruzioni, il provvedimento interdittivo e la sua iscrizione all’anagrafe antimafia degli esecutori degli operatori economici interessati agli interventi di ricostruzione nei comuni del centro Italia colpiti dagli eventi sismici nell’anno 2016.

Il Viminale era intervenuto perché il padre del legale rappresentante quasi 40 anni fa era stato condannato per reati cosiddetti ostativi. L’uomo era stato riconosciuto colpevole e condannato il 15 aprile 1983, con sentenza della corte d’Appello di Catanzaro, divenuta definitiva il 28 febbraio 1984, per sequestro di persona a scopo di estorsione in concorso e n relazione a detta condanna non era stata poi pronunciata sentenza di riabilitazione.

A febbraio scorso il legale rappresentante della società e figlio del condannato ha impugnato al Tar di Firenze l’interdittiva antimafia. I giudici fiorentini però avevano rinviato gli atti al Tar del Lazio perché i lavori da appaltare riguardavano anche altre regioni italiane.

Nella prima sentenza si legge infatti: “Nel caso di specie l’applicazione di entrambi i criteri porta a ritenere l’incompetenza del tribunale adito a favore del tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, poiché il provvedimento gravato è stato emanato da un’autorità centrale ed esplica effetti che non sono limitati alla sola regione Toscana comportando direttamente (anche) l’inibizione ad effettuare lavori nei Comuni del centro Italia”.

A quel punto la vicenda è finita sul tavolo dei giudici amministrativi romani che nelle scorse settimane hanno accolto il ricorso della società e annullato l’interdittiva antimafia. Troppo lontani nel tempo i fatti oggetto del provvedimento e inoltre il condannato non risulta a nessun titolo facente parte della ditta.

Si legge infatti nella sentenza del Tar del Lazio: “Da quanto si evince nella nota redatta dalla struttura di missione prevenzione e contrasto antimafia Sisma l’ipotesi sub judice non rientra tra quelle di rischio di infiltrazione mafiosa, ma di reato ostativo; che, dal momento che l’iscrizione riguarda la società in nome collettivo dei fratelli, la condanna ostativa a carico del padre, risalente al 1983, non rientra nelle ipotesi previste dall’articolo 67 citato in quanto riguarda soggetto non destinatario dell’iscrizione di cui si tratta; che, solo per completezza ed in relazione alla nota dell’Anac, si osserva che i provvedimenti interdittivi antimafia che sono fondati su un presupposto risalente nel tempo non sono ammissibili senza che dall’analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione di un’impresa e che nel caso di specie non si fa cenno alcuno a circostanze che rendano attuale e concreto detto pericolo; che, essendo il condannato privo, da sempre per quanto emerge dagli atti, di qualsivoglia incarico societario, la condanna ostativa riportata non può estendersi ai figli che gestiscono la società; che essendo esclusa l’ipotesi di infiltrazioni mafiose da parte della stessa struttura ministeriale resistente, il provvedimento impugnato risulta infatti privo di presupposti, alla luce dell’articolo 67 del decreto legislativo 159/2011, il quale esclude l’ottenimento di iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati, per coloro che siano stati condannati per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Il Tar del Lazio definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato”.

La scorsa primavera il governo Draghi ha stanziato 1,7 miliardi di euro per gli appalti di ricostruzione relativi agli eventi sismici in Italia 2009/2016, dando il via quindi alla indizione delle varie gare a cui adesso la ditta pisana potrà partecipare.