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In calo i casi di ingiusta detenzione in Toscana, in tre anni nessun errore giudiziario

22 settembre 2021 | 12:45
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In calo i casi di ingiusta detenzione in Toscana, in tre anni nessun errore giudiziario

I dati della Corte dei Conti. Criticità sulla mancata applicazione uniforme dei criteri per il risarcimento

Sono sostanzialmente stabili i dati relativi alle somme erogate dal distretto di Firenze per le ingiuste detenzioni nel triennio dal 2017 al 2019, all’interno di dati nazionali in sensibile diminuzione per l’anno 2020.

Non si registrano invece in Toscana errori giudiziari negli anni oggetto del report della sezione centrale nazionale della Corte dei Conti. I casi di riparazione per ingiusta detenzione si devono distinguere da quelli di riparazione derivante da errore giudiziario. Nel primo caso si ha la detenzione subita in via preventiva prima dello svolgimento del processo e perciò prima della condanna eventuale, mentre nel secondo si presuppone una condanna alla quale sia stata data esecuzione e un successivo giudizio di revisione instaurato (a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna) in base alle altre prove o alla dimostrazione che la condanna è stata pronunciata in conseguenza della falsità in atti.

Nel triennio 2017-2019 è stato rilevato un progressivo aumento della spesa pubblica, in termini di impegni di competenza, per i casi di errori giudiziari/ingiusta detenzione; nel 2020 si è invece registrata una diminuzione. In particolare, mentre nell’anno 2019 (48.799.858,00 euro) la spesa era risultata aumentata più del 27% rispetto al 2017 (38.287.339,83 euro), nel 2020 l’importo complessivo (43.920.318,91 euro) è risultato superiore a quello del 2017 ma inferiore a quelli del 2018 e 2019.

In Toscana dagli 11 casi del 2017 si è passati ai 17 casi del 2018 per tornare a 11 casi nel 2019. I dati relativi al 2020 non sono ancora completi ma la magistratura contabile li registra in diminuzione rispetto agli anni precedenti. La media di esborso in Toscana per i pagamenti delle ingiuste detenzioni ammonta a circa 300mila euro. Una cifra che si è mantenuta più o meno costante negli anni con differenze non rilevanti.

Dall’indagine, sviluppata dalla sezione del controllo, invece, esaminando un campione di ordinanze irrevocabili, è emersa, tuttavia, una difforme applicazione dei criteri di liquidazione di tali ristori da parte delle diverse corti d’appello italiane. “Questo suggerisce l’opportunità di un monitoraggio del ministero della giustizia per l’acquisizione dei provvedimenti giudiziari per i quali si potrebbero prefigurare indennizzi. Attualmente – osserva la magistratura contabile – né la normativa speciale, né il codice di procedura penale, prevedono norme di coordinamento tra la disciplina dell’indennizzo per ingiusta detenzione ex articolo 314 e 315 del codice di procedura penale e quella di cui alla legge 117/1988 relativa a Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati, che, se introdotte, impedirebbero il possibile cumulo delle azioni da cui potrebbe conseguire una duplicazione della spesa per indennizzo e risarcimento del danno.

Poiché anche in ambito europeo sussiste un disallineamento delle tutele previste dai vari Stati per i ristori economici a fronte delle ingiuste detenzioni, la Corte ritiene auspicabile l’attivazione di iniziative dirette alla tendenziale equiparazione dei criteri della loro quantificazione, in considerazione dei riflessi finanziari della sempre più frequente “circolazione” dei provvedimenti giudiziari nell’ambito dell’Unione europea”.

L’esigenza generale è quindi quella di ottenere negli anni successivi una maggiore uniformità nei vari risarcimenti.