Reato prescritto. Questa la sentenza del tribunale di Livorno in merito a una vicenda, risalente al giugno del 2020, e che ha visto sul banco degli imputato un professionista della città labronica.

I carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale eseguirono un accertamento nella sua villa, ritrovando, all’interno dell’abitazione, un’anfora romana risalente a i primi secoli dopo Cristo. 

“Il nostro cliente – precisano i legali dell’uomo, avvocati Enrico Marzaduri e Davide Manzo, del Foro di Lucca –  ha sempre riferito che si trattava di un bene di famiglia addirittura ereditato dal nonno, nato sul finire dell’800, sempre stato in casa. La procura di Livorno ha ritenuto tuttavia di contestare il reato di impossessamento di bene culturale all’epoca sanzionato dagli articoli 91 e 176 del decreto legislativo 42/2004 con pena fino a tre anni di reclusione, trattamento ora addirittura inasprito dal legislatore a seguito della recente introduzione nel 2022 dall’articolo 518 bis del codice penale, con pena fino a sei anni. Attraverso l’istruttoria dibattimentale, a seguito dell’audizione di testi e produzioni documentali, siamo riusciti a dimostrare la veridicità di quanto affermato dall’interessato ed il Tribunale monocratico di Livorno ha stamani prosciolto il professionista dall’accusa ritenendo comunque prescritto il reato”.

“Nella discussione – aggiunge l’avvocato Manzo –   ho rappresentato in ogni caso che non poteva trattarsi di impossessamento di bene culturale, condotta questa sanzionata dalla disposizione, laddove il soggetto si sia semplicemente limitato a mantenere un atteggiamento passivo nei confronti dell’acquisita disponibilità del bene ricevendolo in eredità, senza attuare una condotta invece tesa a spostare il bene dal luogo in cui si trovava in origine, in questo caso il fondale marino, per collocarlo sotto il proprio dominio”.