Poliziotto condannato a 7 mesi per incendio doloso

Per l'accusa avrebbe dato alle fiamme l'auto dell'ex moglie a Pontetetto. Alla sbarra per favoreggiamento anche la nuova compagna dell'agente

Era finito alla sbarra con l’accusa di aver dato alle fiamme nel cuore della notte l’auto dell’ex moglie, parcheggiata a Pontetetto. Lui, invece,  fin dall’inizio si è dichiarato innocente e totalmente estraneo alle accuse che nei suoi confronti ha formulato la procura, che aveva chiesto e ottenuto dal gup il rinvio a giudizio. Oggi (29 settembre), però, il poliziotto della questura di Lucca è stato condannato a 7 anni dal giudice monocratico del tribunale di Lucca, Riccardo Nerucci, di fronte al quale il processo si era aperto nell’ottobre scorso. Nei confronti dell’agente, che era stato sospeso in via cautelativa dal servizio, è stato disposto anche il risarcimento del danno nei confronti delle parti civili. Sul banco degli imputati era finita anche la nuova compagna del poliziotto. L’accusa nei confronti della donna era di favoreggiamento: anche per lei il giudice ha disposto una condanna a 7 mesi.

L’agente era stato rinviato a giudizio insieme alla compagna dal gup Alessandro Trinci, su richiesta del sostituto procuratore Sara Polino, che ha coordinato l’indagine della polizia. L’episodio contestato dall’accusa risale al 2017, quando, attorno alle 2 della notte, un’auto prese fuoco a Pontetetto. La vettura era di proprietà dell’ex moglie dell’agente. Fu la donna, secondo quanto ricostruito dalle indagine, a far cadere i primi sospetti proprio sull’ex coniuge, che tuttavia fin da subito aveva respinto le accuse, sostenendo di non aver nulla a che fare con i fatti contestati, la cui ricostruzione era apparsa tutt’altro che chiara. Assistito dall’avvocato Andrea Da Prato, l’agente ha, in effetti, difeso fermamente la sua innocenza, fino all’udienza di stamani che ha visto la conclusione del processo.

Le indagini sull’episodio erano state affidate alla stessa questura. Gli investigatori avevano dato via ad una inchiesta andata avanti per lungo tempo, ma l’attenzione degli inquirenti era rimasta concentrata sul poliziotto e sulla sua nuova compagna. Anche se erano emersi diversi elementi poco chiari e controversi della ricostruzione fatta da parte degli investigatori, su cui ha fatto leva la difesa: ad esempio, secondo quanto emerso, all’ora in cui divampava l’incendio l’agente risultava a casa al telefono con la nuova compagna. Nonostante ciò, per l’accusa, l’uomo avrebbe potuto in teoria allontanarsi comunque, correre al parcheggio e dar fuoco alla vettura. Una ricostruzione anche questa contestata dalla difesa, a cui era stato aggiunto anche il fatto che nel verbale dei vigili del fuoco intervenuti nella notte per spegnere il rogo non veniva fatto alcun cenno ad una eventuale ipotesi di dolo.

Si tratta della sentenza di primo grado e la difesa potrà valutare il ricorso in Appello.

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