Plastica e chimica, Confindustria Toscana Nord: “Tempesta perfetta. Costi alle stelle con lo spettro della Plastic Tax”

L'associazione di categoria del territorio Lucca-Pistoia-Prato: "Quadro molto difficile per la ripresa"

La ripresa internazionale condizionata dalla crisi economica legata alla pandemia sta generando squilibri a danno dei diversi settori. Fra i più colpiti in Italia ci sono la plastica e la chimica, che nel territorio di Confindustria Toscana nord vedono la presenza di imprese di eccellenza: ad attestarlo il risultato della produzione industriale di un anno difficilissimo come il 2020, chiuso in sostanziale pareggio (+0,2%) con un andamento che ha visto il quarto trimestre dell’anno crescere, rispetto allo stesso periodo del 2019, a +5,6%.

La plastica e la chimica del territorio Lucca-Pistoia-Prato contano specializzazioni forti in vari comparti: imballaggi e contenitori per l’alimentare e per altri usi; vernici e resine; casalinghi e prodotti per uso domestico, per il giardinaggio, il vivaismo e il pet food; nastri adesivi e collanti; prodotti per l’igiene e la cosmetica. Importante il legame con alcuni dei settori maggiormente presenti nel territorio: si sono infatti sviluppate la chimica tessile, la chimica per la carta e i supporti in plastica per il tessile e la moda. Anche le bioplastiche contano applicazioni innovative in imprese del territorio.

“Le imprese del settore plastica si trovano ad affrontare un passaggio molto delicato – commenta il presidente della sezione Chimica, plastica e farmaceutica di Confindustria Toscana Nord Deni Severini -. Già da metà anno scorso i prezzi delle materie prime hanno iniziato ad aumentare, ma dall’autunno abbiamo assistito a una crescita  impetuosa che ancora non accenna a rallentare e che riguarda praticamente tutti i polimeri di interesse per il nostro settore, dal polietilene al polipropilene, dal pvc al polistirene al pet, compresi i biopolimeri ed i riciclati. Gli incrementi di prezzo superano in molti casi il 100%. Questo quando li si trova: ma le quantità a disposizione sui mercati mondiali sono nettamente inferiori ai bisogni e quindi accade spesso di non riuscire affatto a reperire i materiali necessari alla produzione. Le aziende petrolchimiche stanno costantemente riducendo da mesi le quantità disponibili per le aziende del settore”.

“La nostra associazione confindustriale di settore, Unionplast, ha effettuato un sondaggio da cui emerge che l’80% delle imprese italiane del settore plastica, che, mi preme ricordare, sono strategiche per molti settori – prosegue Severini – ha dovuto ridurre la produzione per mancanza di materie prime; ma in ogni caso ci sono forti difficoltà a farsi riconoscere sufficienti adeguamenti del prezzo dei prodotti finiti da parte dei nostri clienti. Le cause di tutto questo sono molteplici, in parte tecniche ed in parte speculative, e non solo diretta conseguenza dell’aumento del costo del petrolio, materiale organico naturale dal quale la plastica deriva. I bassi prezzi nell’area euro del 2020 hanno reso più interessante vendere materie prime in Usa e Cina, penalizzando così l’Europa, che peraltro nella produzione di materie plastiche non è autosufficiente e che quindi si è vista sprovvista di sufficienti quantità necessarie per soddisfare la domanda, in crescita ma ancora comunque debole”.

“Il buon andamento del mercato americano e in particolare di quello cinese ha drenato molto la disponibilità di materie prime. L’offerta ha inoltre risentito negativamente di altre cause a livello globale, quali le numerose e concomitanti fermate degli impianti petrolchimici in varie aree – va avanti Severini -. A questo si aggiunge un forte incremento dei prezzi dei noli marittimi che sono addirittura quintuplicati. Una tempesta perfetta, insomma, il cui risultato è una marginalità troppo bassa, che mette a repentaglio gli equilibri di bilancio delle imprese; senza considerare che l’entità di tali aumenti produce inevitabilmente anche sensibili conseguenze finanziarie non sempre gestibili. Il tutto con l’introduzione della Plastic Tax in calendario a luglio: una prospettiva destabilizzante per le nostre aziende. Mai come durante questa pandemia si è dimostrato che la plastica è indispensabile a fini sanitari e igienici e per la sicurezza e conservazione degli alimenti: sarebbe sconsiderato rischiare di compromettere le nostre produzioni per pregiudizi infondati nei confronti di un materiale prezioso ed ecosostenibile, che diventa dannoso solo se comportamenti irresponsabili lo disseminano nell’ambiente. Pochi giorni fa il ministro Patuanelli ha dichiarato di credere, per le transizioni, più negli incentivi che nella tassazione: è un piano su cui si può discutere. L’importante è fermare l’aggravio ingiustificato della Plastic Tax”.

Non molto diversa la situazione della chimica, che risente di dinamiche analoghe: ad essere particolarmente colpite sono sostanze come i solventi, le resine, gli isocianati, quindi le produzioni di vernici, colle, adesivi, detergenti, cosmetica, prodotti in poliuretano.

“Il problema principale è la reperibilità stessa delle materie di base – spiega Silvio Zandò, amministratore delegato di Verinlegno e membro del Consiglio direttivo di Avisa Federchimica -. Solventi come l’acetone hanno quadruplicato il loro prezzo; difficili da trovare anche le resine, incluse quelle a base acqua. Ad accrescere i nostri costi anche i trasporti e gli stessi contenitori per il confezionamento e il trasporto: l’impennata dei prezzi dei metalli ha effetti anche su di noi. La motivazione principale del costo delle materie prime di nostro interesse è data dalla ripresa della domanda da parte di paesi per i quali la ripartenza è già una realtà, prima fra tutti la Cina; ma il problema sta anche nella riduzione dell’offerta, a causa di guasti in alcuni stabilimenti di produzione di sostanze chimiche di base e semilavorati”.

“Analogamente ai colleghi della plastica, davvero si può parlare di un insieme di fattori che tutti insieme hanno finito col convergere determinando un quadro molto difficile – prosegue Zandò-.  Come Verinlegno, il fatto di essere un’azienda di medie dimensioni ci sta aiutando: non necessitando di quantità di materiali consistenti come alcuni giganti del settore, riusciamo faticosamente ad approvvigionarci, ma con aggravi di costi che solo in parte riusciamo a riversare a valle. Stiamo vivendo una situazione molto particolare: il lavoro non ci manca, anzi dopo un 2020 in cui abbiamo limitato le perdite all’8% del fatturato, questi primi mesi del 2021 sono nettamente al di sopra dei buoni risultati riportati nel 2019. I margini però non sono soddisfacenti e soprattutto, ribadisco, l’approvvigionamento di materie prime è faticoso e difficile, oltre che oneroso. Confidiamo che verso metà anno qualcosa possa cambiare”.

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